I Finanzieri del Comando Provinciale di Venezia e di Padova, all’esito di articolate indagini dirette dal Procuratore Europeo Delegato di Venezia (EPPO – European Public Prosecutor’s Office), stanno eseguendo un decreto di sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie per un valore superiore a 8,5 milioni di euro, disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova, pari al profitto di un’ipotizzata frode all’IVA nel settore del commercio dell’abbigliamento, perpetrato da imprese gestite da soggetti di origine cinese, con luogo di esercizio presso il Centro Ingrosso Cina di Padova.
Il provvedimento cautelare, che fa seguito a un ulteriore sequestro di denaro contante di 500 mila euro circa, recentemente eseguito dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Venezia sempre su disposizione della Procura Europea nei confronti di un altro imprenditore cinese coinvolto nel medesimo contesto, costituisce l’epilogo di una complessa attività, allo stato nella fase delle indagini preliminari, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Venezia e dalla Tenenza di Piove di Sacco, quest’ultima in co-delega con il Gruppo di Padova.
Gli accertamenti eseguiti avrebbero disvelato il presunto meccanismo evasivo posto in essere per frodare il fisco, ideato e realizzato all’interno della comunità sinica attiva sul territorio nazionale, connesso all’importazione, distribuzione e vendita, sul territorio nazionale, di capi di abbigliamento provenienti dall’Estremo Oriente e commercializzati da operatori cinesi.
Nel dettaglio, le sette imprese (società e ditte individuali) interessate dal provvedimento cautelare hanno annotato in contabilità fatture, che sono state ritenute relative a operazioni inesistenti quantomeno soggettivamente, poi confluite nelle rispettive dichiarazioni relative agli anni dal 2016 al 2020, per un imponibile di 39 milioni di euro circa, cui corrisponde l’IVA sottoposta a sequestro a titolo di profitto del reato.
Inoltre, l’analisi della documentazione sequestrata nelle numerose perquisizioni eseguite a febbraio u.s. dalle Fiamme Gialle di Venezia e Padova nonché dei flussi di fatturazione attiva e passiva di alcune imprese operanti presso il Centro Ingrosso Cina di Padova, vero e proprio hub distributivo di merce di origine asiatica, ha permesso di individuare una moltitudine di operatori economici che, dagli elementi raccolti, risulterebbero “imprese cartiere”, in quanto caratterizzate da elevati indici di pericolosità fiscale (a titolo esemplificativo, mancanza di strutture aziendali e di personale, vita operativa molto breve e con amministratori irreperibili, significative esposizioni debitorie nei confronti del Fisco, inosservanza degli adempimenti fiscali), riconducibili formalmente a soggetti asiatici localizzati prevalentemente nelle province di Prato e Milano e con connivenze societarie in Grecia, Slovenia e Ungheria.
Nel condividere le conclusioni degli organi inquirenti, in termini di gravità indiziaria, in ordine alla sussistenza dell’ipotesi accusatoria in contestazione (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), il Giudice per le indagini preliminari osserva, tra l’altro, con riguardo alla natura dei documenti fiscali, come sia singolare il fatto che i fornitori, che emettono le fatture, risultino vendere molta più merce di quella acquistata e, con riferimento al rischio di dispersione del profitto del reato, che l’ingente flusso di denaro verso l’estero, prescindendo da una causale economica connessa all’esercizio d’impresa, lascia intendere come le imprese oggetto d’indagine siano strutture funzionali alla creazione di liquidità, provento delle frodi fiscali, da inviare in Cina.
L’indagine condotta dalla Guardia di Finanza si innesta nel dispositivo promosso dal Comando Regionale Veneto, a contrasto delle infiltrazioni della criminalità economica nel tessuto imprenditoriale sano, e il sequestro eseguito (per € 4 milioni dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Venezia e per € 4,5 milioni dalla Tenenza di Piove di Sacco) costituisce l’efficace risposta dello Stato nel restituire all’erario quanto indebitamente sottratto con le frodi fiscali.
Si rappresenta che, per il principio della presunzione di innocenza, la colpevolezza delle persone sottoposte ad indagine in relazione alla vicenda in esame sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.
L’attività di servizio in rassegna testimonia la costante azione della Guardia di Finanza nel contrasto all’evasione fiscale e, in particolare, alle frodi in materia di imposta sul valore aggiunto, così contribuendo a recuperare risorse finanziarie sottratte al bilancio dello Stato e dell’Unione europea e a favorire le condizioni necessarie per tutelare la concorrenza.