Una morte evitabile quella Mostafa, senzatetto 59enne di origini marocchine,che è stato trovato morto nel dehors di un bar.
Probabilmente un malore, il freddo, gli stenti della vita in strada sono le probabili cause, che riaccendono il dibattito sugli ‘ultimi’, e sulla necessità di fare di più per aiutarli, a pochi giorni dalle polemiche per lo sgombero di alcuni clochard dal centro del capoluogo piemontese.
“Molto gentile, cordiale ed educato”, per anni l’uomo aveva lavorato come fioraio. Prima in un vivaio di Pecetto, poi al mercato di San Secondo. “Non chiedeva l’elemosina”, ricordano gli ambulanti, che erano diventati la sua famiglia. “Una persona perbene, distinta – aggiungono – conosceva almeno cinque lingue”. Per un po’ aveva vissuto in auto poi, quando aveva perso anche quella, era finito in strada.
“Conosceva le opportunità di accoglienza e frequentava saltuariamente alcuni servizi diurni ma, nonostante i ripetuti inviti, non accettava aiuti, né di trascorrere la notte in una casa di accoglienza”, dicono i Servizi Sociali del Comune, che conoscevano bene la sua storia. Sabato scorso l’ultimo incontro con il personale del servizio itinerante notturno, quando gli operatori lo avevano trovato sdraiato su una panchina. “Diceva di sentirsi male – riferiscono i Servizi Sociali – ma rifiutava di essere accompagnato in ospedale. Gli operatori gli hanno quindi proposto un inserimento in una struttura di pronta accoglienza, ma ha rifiutato, e non hanno potuto far altro che offrirgli tè caldo, una brioche, delle mascherine e una coperta”.
L’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, nei giorni scorsi aveva commentato l’intervento delle forze dell’ordine per allontanare dal centro sette clochard, i loro giacigli gettati tra i rifiuti, “una ferita che addolora la città”, famosa per i suoi santi sociali, da don Bosco a Cottolengo, da Tancredi e Giulia di Barolo a Cafasso, Murialdo e Allamano. “Per dare una risposta appropriata al problema, incontreremo il prefetto e la sindaca”, già domani. E ci sarà anche una riunione con le associazioni “che si occupano di sostenere e ascoltare chi ha un rapporto diretto con chi vive per strada”, dice Nosiglia annunciando la “massima disponibilità della Chiesa a mettere a disposizione strutture anche per 2-3 persone, perché non bisogna pensare solo a dormitori di massa”.