Stato di emergenza: la proroga potrebbe impattare sulla gestione della pandemia
Lo stato d’emergenza è stato dichiarato a gennaio 2020 dal governo Conte per gestire la pandemia nel nostro Paese. E’ stato successivamente prorogato fino al 31 luglio 2021. Avendo durata massima prevista di due anni, Palazzo Chigi dovrà ora decidere se prolungarlo fino a gennaio 2022 oppure no. Lo stato d’emergenza attribuisce al governo e alla Protezione civile dei “poteri straordinari” o “speciali”. Per l’attuazione degli interventi si provvede in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.
Strumento preferito di questi interventi tempestivi sono i Dpcm – i decreti della presidenza del Consiglio dei ministri- e le ordinanze del ministro della Salute, spesso impiegati nell’anno e mezzo di emergenza. I Dpcm sono stati comunque “parlamentarizzati”: il premier o un ministro devono illustrare alle Camere il contenuto dei provvedimenti da adottare. Le “strutture” sanitarie straordinarie previste sono invece il Comitato Tecnico Scientifico e la figura del commissario, attualmente Francesco Paolo Figliuolo, incaricato della gestione della strategia vaccinale. Interrompere lo stato d’emergenza significherebbe fare a meno di queste figure. La proroga impatta anche sulla gestione quotidiana della pandemia: dallo smart working, che gode di una procedura semplificata per le aziende, alle frontiere che possono essere chiuse se necessario. Anche l’obbligo di mascherina e di distanziamento derivano dal fatto che lo stato d’emergenza sia in vigore oppure no.