Politica & malaffare / La presunzione d’innocenza non placa la nostra indignazione
L’EDITORIALE di ANTONIO ARRICALE – “Un seme per la vita”. Bellissima, anzi, geniale – d’accordo, di una genialità maligna, ma non stiamo a sottilizzare – il nome dato ad una delle ditte coinvolte nell’inchiesta sugli appalti truccati e sul cartello delle imprese organizzato da funzionari – presunti, al momento – infedeli, tra il Comune capoluogo e quello limitrofo di San Nicola La Strada. Inchiesta e risvolti che pubblichiamo a parte su questo giornale.
È questa definizione – immagino – ad aver ispirato la filosofia di un piano di diabolica semplicità messo in piedi, secondo i magistrati inquirenti del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, da dirigenti e funzionari comunali, semplici impiegati ed un gruppetto di imprese del settore ambientale (con i 5 arrestati, sono coinvolte 23 persone, complessivamente) per dividersi le risorse pubbliche destinate, nei comuni citati, alla gestione del verde pubblico.
Un seme, dunque: piccole cifre, mediamente una decina di migliaia di euro per ciascuna gara d’appalto, da dividere tra i componenti d’un cartello di imprese, sotto la vigile regia di chi conosce l’ammontare dell’intera torta disponibile. Fettine insignificanti, se considerate singolarmente, ma che nel complesso assumono un valore di centinaia di migliaia di euro di denaro pubblico. Come un seme, appunto, che col tempo diventa una pianta, seppure una malapianta. Un gioco da ragazzi, che occhi distratti difficilmente riescono a cogliere. Ma non è questo – e meno male – il caso dei magistrati sammaritani, da qualche tempo a questa parte.
Come molti sanno, infatti, il meccanismo dello spezzettamento delle gare, oltre a tenere lontano dai lavori pubblici imprese ben più strutturate, consente di procedere alla selezione delle aziende su invito mirato da parte della pubblica amministrazione. Insomma, si invitano – dicono i maligni – soltanto le imprese amiche. Certo, va salvaguardato il principio della rotazione, che però – con la gestione di un cartello – anche un ragazzino saprebbe aggirare senza destare eccessive attenzioni.
Ma veniamo al punto specifico della vicenda: la gestione del verde pubblico, che a Caserta, come a San Nicola La Strada, ma anche in quasi tutti i comuni della Campania, è una vera e propria barzelletta. Nel senso che non se ne fa. E molti dei problemi stagionali, che come cittadini siamo costretti a vivere (dalle frane, all’intasamento della rete fognaria, agli alberi che cadono e, in alcuni casi, uccidono, alle erbacce che feriscono il decoro delle aiuole e prima ancora il nostro senso civico, e via discorrendo) dipendono proprio dalla mancata gestione del verde da parte dei comuni e dal rispetto che si dovrebbe, più in generale, all’ambiente.
Insomma, nella migliore delle ipotesi, quando la gestione del verde si fa – ed è questo il caso – è tutta una farsa. Pensate un po’: dalle carte dell’inchiesta emerge addirittura questo scambio di battute tra un dirigente e un titolare di impresa: “Invece di tagliare 10 piante ne tagli 6, invece di potare 10 rami ne recidi 2, invece di raccogliere l’erba ovunque … tanto, se rimane per terra… non possono dirti niente”.
Ed è questo il punto: chi dovrebbe dire, chi dovrebbe protestare, chi dovrebbe redarguire, al di là del cittadino che ormai è diventato rauco a forza di ripeterlo, senza purtroppo nemmeno essere ascoltato? Non solo. Il dramma è che questo copione si ripete anche in altri rami della pubblica amministrazione. La quale, nella migliore accezione della gente, è semplicemente un verminaio.
E, tuttavia, in un rigurgito di buona fede e di speranza, verrebbe da chiedere: ma dove sono gli amministratori? Che cosa fanno di fronte a questo disastro morale generalizzato? Come intendono salvaguardare il bene collettivo? Ma ci sono o ci fanno?
In un Paese serio, fatta di gente seria, al primo stormir di fronde se ne prenderebbe atto. Ci si farebbe dignitosamente da parte. Accade, invece, che il giorno prima si dica una cosa ed il successivo si faccia il contrario. Certo, in un Paese civile – proviamo a ricordarcene in ogni momento – esiste la presunzione d’innocenza.
Ma esiste anche la rabbia dell’indignazione. E noi, insieme alla maggior parte dei cittadini perbene, siamo indignati. Eccome, se lo siamo.