Nuove tensioni sulla mancata ripartenza, prevista per lunedì ma prorogata almeno fino al 5 marzo, degli impianti da sci. Critiche anche dai presidenti di Regione e dai lavoratori del settore, con proteste e flash mob.
La Coldiretti stima una perdita di 10 miliardi. Oltre ai governatori arriva anche la rabbia degli operatori del settore, che hanno deciso di riaprire lo stesso gli impianti come segno di protesta. E’ il caso di Piana di Vigezzo, 1.720 metri nel Comune di Craveggia, in alta Ossola: “Abbiamo predisposto tutto, in sicurezza, per riaprire. E così abbiamo fatto”, spiega Luca Mantovani, uno dei titolari della società che gestisce gli impianti nella valle piemontese a ridosso del Canton Ticino. Anche a Bardonecchia, in Alta Valle di Susa, la scelta è stata di tenere i negozi con le serrande abbassate, con il suono delle campane della chiesa parrocchiale ad accompagnare la protesta di maestri di sci, operatori del turismo, impiantisti e commercianti.
La chiusura degli impianti anche nell’ultima parte della stagione è destinata ad avere effetti sull’intera economia che ruota intorno al turismo invernale, in cui lavorano 120mila persone, 400mila se si considera l’indotto, di questi, 15mila lavorano nei circa 2.000 impianti di risalita e altrettanti sono i maestri di sci, nonchè i negozi che noleggiano le attrezzature, le guide, gli addetti alla manutenzione delle piste. “Una situazione inaccettabile”, afferma il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.