BRUXELLES – aa – L’inchiesta per corruzione che coinvolge Huawei e diversi membri (al momento almeno 15) del Parlamento europeo si complica ulteriormente, con Fulvio Martusciello al centro delle accuse.
Secondo documenti riservati – riferisce la piattaforma “Follow the money”, i lobbisti di Huawei avrebbero versato tangenti a eurodeputati per sostenere una lettera favorevole alla multinazionale cinese. Non solo. I vertici dell’azienda sarebbero stati a conoscenza del sistema e ne avrebbero approvato l’esecuzione.

Ma in che modo è coinvolto l’eurodeputato Fulvio Martusciello, capo delegazione al Parlamento Europeo di Forza Italia, il quale è anche coordinatore regionale della Campania del partito del ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Nel corso delle perquisizioni, la polizia belga – come si ricorderà – ha emesso un mandato d’arresto europeo per Luciana (Lucia) Simeone, ora ai domiciliari nella sua casa di Ercolano, assistente parlamentare di Fulvio Martusciello, accusata di aver ricevuto 1.000 euro. Secondo gli investigatori, il denaro era parte di un meccanismo più ampio orchestrato dal lobbista Valerio Ottati, che avrebbe utilizzato fatture fittizie per canalizzare fondi da Huawei ai europarlamentari.
Gli inquirenti – riferiscono le agenzie di stampa di Bruxelles – hanno rintracciato 6.700 euro trasferiti su un conto belga riconducibile a Martusciello e collegano questi pagamenti alla sua attività di redazione di emendamenti legislativi favorevoli a Huawei (si veda lo schema di “Follow the money”, che pubblichiamo a parte). Inutile aggiungere che Martusciello ha negato qualsiasi coinvolgimento, dichiarando di non aver mai ricevuto denaro dall’azienda cinese.
L’inchiesta della Procura belga, tuttavia, promette nuovi sviluppi. Secondo voci insider, l’indagine potrebbe espandersi, mettendo in difficoltà proprio il colosso delle telecomunicazioni Huawei. Dalle carte in possesso dei magistrati della Procura belga – così come si legge nel mandato di arresto – i dirigenti cinesi della società, in particolare Abraham Liu, ex vicepresidente per l’Europa, avrebbero avallato il sistema di tangenti. La conferma sarebbe nelle parole di Valerio Ottati che, intercettato in un’auto, avrebbe dichiarato infatti che a Bruxelles i lobbisti pagano regolarmente per ottenere emendamenti legislativi.

Non solo. Ex dipendenti di Huawei hanno riferito anche che i comportamenti scorretti di Ottati erano ampiamente noti, ma l’azienda non è mai intervenuta. A conferma di ciò riportano un episodio del 2020, in cui Ottati contattò direttamente il commissario UE Thierry Breton, violando peraltro il protocollo europeo, per il quale le autorità europee elevarono formale protesta. Dunque, l’episodio evidenzia come Huawei abbia ignorato tutti i segnali d’allarme.
Ad ogni modo, da Huawei dichiarano in ogni caso di prendere sul serio le accuse, ribadendo la tolleranza zero dell’azienda verso la corruzione. E, tuttavia, fanno notare negli ambienti della procura belga, finora non ha mai risposto alle domande sulle prove che sarebbero emerse dall’inchiesta.
In foto da sinistra: Fulvio Martusciello e Luciana Simeone; sopra: Ken Hu, presidente a rotazione di Huawei.