Il processo di differenziazione che, per ora, ha riguardato le sole regioni a statuto ordinario Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, che hanno sottoscritto preintese con il Governo il 28 febbraio 2018, ha avuto un momentaneo arresto, anche per l’emergenza pandemica che ha interessato il Paese sin da inizio 2020.
È quanto emerge dalla relazione sulla “Gestione delle risorse nel periodo 2013-2018 correlate all’attuazione dell’autonomia differenziata con particolare riguardo alle politiche del lavoro, della formazione e istruzione”, approvata dalla Sezione centrale per il controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti con Delibera n. 4/2022/G.
Ad oggi, rileva la magistratura contabile, non risultano ancora individuate le funzioni da trasferire, e molte delle competenze legate a tali funzioni, di cui viene richiesta l’attribuzione, riguardano profili legislativi e/o amministrativi privi di effetti finanziari, poiché rientranti in ambiti regolatori e/o di sorveglianza. In mancanza di elementi e presupposti per misurare tali effetti, specifica ancora la Corte, alcune delle Amministrazioni interessate non sono, dunque, risultate in grado di fornire elementi di analisi sulle possibili conseguenze finanziarie derivanti dal previsto trasferimento di funzioni tra Stato e regioni, nonché sull’attinente quantificazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie eventualmente coinvolte.
Ne consegue, da un lato, l’assenza di un quadro d’insieme relativo agli effetti (finanziari e non) dell’attuazione del regionalismo differenziato e, dall’altro, la connessa impossibilità di valutare, sulla base delle informazioni disponibili, l’eventuale miglioramento dell’efficienza degli interventi a seguito e per effetto del trasferimento di competenze dallo Stato alle regioni a statuto ordinario.