L’Editoriale di Antonio Arricale – Negli ultimi mesi di quest’anno e nel prossimo anno saranno otto le regioni chiamate a rinnovare i propri organi. Ci sono, infatti: la Liguria a ottobre, l’Emilia Romagna e l’Umbria a novembre, e poi a seguire – con l’anno nuovo – Campania, Veneto, Marche, Puglia e Valle d’Aosta.
Certo – volendo considerare le Regioni enti territoriali intermedi (e sempre più di peso, con l’attribuzione di ulteriori competenze con la legge Calderoli) ma, comunque, posti tra le autonomie locali di base ed il governo centrale – fa specie constatare che ogni regione decida di andare al voto in ordine sparso. Insomma, che non si riesca a votare nemmeno tutte nella stessa data, quasi a considerare l’evento come una sorta di elezione (e valutazione) di medio termine, come avviene negli Usa. Ma tant’è.
A mano a mano che si avvicinino le scadenze elettorali (con i responsabili dei partiti che si fanno fare sondaggi ogni sette giorni) è inevitabile, dunque, che tra le coalizioni e tra i partiti all’interno delle stesse coalizioni, il clima si surriscaldi. E, dunque, che emergano posizioni diverse, dapprima appena sussurrate – ovviamente, per mera convenienza di bottega – ma che ora vengono affermate a voce alta.
In questa ottica, dunque, ben si comprende il braccio di ferro ingaggiato dal ministro degli Esteri, nonché segretario di FI, Antonio Tajani, che chiede di correggere la legge sull’Autonomia voluta dalla Lega, adducendo la motivazione – e come dargli torto – che essa danneggia il commercio estero. Settore, peraltro, che in questi ultimi mesi il sud è molto più dinamico rispetto al nord. E non è il solo a lamentarsene. Alla voce di Tajani, infatti, s’è unita anche quella del vice ministro dello stesso dicastero, ma di Fratelli d’Italia, Edmondo Cirielli, che ha aggiunto: “Si rischia il caos in politica estera”.
Ora, seppur tardiva, sia le argomentazioni di Tajani che quelle di Ciriello, indipendentemente dal contesto politico-elettorale (entrambi guardano al bacino di voti del sud, dove i rispettivi partiti sono tradizionalmente più forti) e dell’onestà intellettuale che – non c’è dubbio – è alla base di entrambi i politici, proprio non si può dire che le affermazioni di entrambi manchino di buon senso. Soprattutto a noi, che pensiamo che la legge sull’autonomia differenziata sia – tra altre mille argomentazioni negative – un attentato alla saldezza dello Stato.
Provo, infatti, a far mia una vecchia battuta attribuita a Henry Kissinger, che a proposito di una Ue con molte teste (vale a dire, acefala) andava ripetendo: “Chi devo chiamare se voglio parlare con l’Europa?”. Ecco, chi devono chiamare – poniamo dal Medio Oriente in fiamme – se devono parlare con Roma?
(Nella foto, da sinistra Edmondo Cirielli e Antonio Tajani)