200 progetti personalizzati, di cui 55 in Campania, per favorire il reinserimento sociale di giovani, di età compresa fra 16 e 24 anni, con precedenti penali e attualmente affidati ai Servizi della Giustizia Minorile. Questo l’obiettivo del progetto “Rete per l’inclusione” presentato stamattina nello splendido contesto di Villa Fernandes, la villa confiscata al clan camorristico Rea a Portici, che dal 2020 è un hub di servizi per lo sviluppo della comunità.
Il progetto, finanziato dal PON Legalità del Ministero dell’Interno con le risorse del Fondo Sociale Europeo, è realizzato da un raggruppamento di Consorzi ed enti del Terzo settore e si svolge sotto la direzione del Dipartimento della Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia.
I numeri del progetto sono stati forniti da Angela Gentile di Mestieri Campania, uno dei due enti che coordinano il progetto nella nostra regione (l’altro è il Consorzio di Cooperative Co.Re.)
In Campania sono stati 80 i ragazzi segnalati dai Servizi, fra coloro che si trovano detenuti all’Istituto Minorile di Airola e quelli a piede libero seguiti dagli Uffici di Napoli, Salerno, Nisida e Santa Maria Capua Vetere. Di questi, 55 di cui 8 detenuti, inizieranno i propri tirocini presso aziende di vario tipo del territorio sotto la guida di 7 tutor.
I settori, indicati proprio dai ragazzi coinvolti come quelli di maggiore interesse sono stati quello della ristorazione, della meccanica, della cantieristica navale e della logistica. Ognuno dei ragazzi svolgerà ora, al termine di un percorso formativo legato ai temi della sicurezza, un tirocinio di sei mesi in un’azienda ricevendo anche un supporto economico.
Per Giuseppe Cacciapuoti, Direttore Generale del Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità presso il Ministero della Giustizia, “il progetto offre un’importante opportunità per i giovani che, attraverso questa esperienza, potranno sviluppare competenze professionali e relazionali che favoriranno il loro ingresso nel mondo del lavoro. Con questo progetto si rafforza l’impegno del Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità nella realizzazione delle proprie finalità istituzionali attraverso il coinvolgimento attivo della società civile ed in particolare valorizzando la funzione educativa della formazione professionale.”
Per Giuseppe Centomani, Dirigente del Centro per la Giustizia Minorile della Campania, “è un progetto molto importante perché mette in pratica quello che abbiamo compreso da tempo e cioè che non serve realizzare dei semplici interventi di “addestramento” professionale e degli interventi educativi all’interno dei servizi se questi interventi restano separati. Occorre unire queste azioni, per far sì che i ragazzi non imparino soltanto a fare un lavoro ma assumano nel profondo l’identità di cittadini e lavoratori. E’ nostro compito supportare questi ragazzi nell’affrontare le sfide che l’adolescenza gli pone. Dobbiamo cercare di trasformare la rete di coloro che si occupano del disagio giovanile in un sistema nel quale tutti si incontrano, concordano metodi e strumenti di intervento.”
L’importanza del lavoro di rete sul territorio è stata sottolineata anche da Samuele Ciambriello, Garante campano dei detenuti, che ha ricordato come ancora nel 2021, persino nel periodo delle restrizioni Covid, sono stati migliaia in tutta Italia, circa 6.000 solo in Campania, i giovani entrati in contatto con la Giustizia minorile, spesso come recidivi. “E’ evidente – ha detto Ciambriello – che vi è una carenza di servizi e strutture che si prendano cura delle decine di migliaia di minori che vivono nelle nostre comunità. Questo progetto coinvolgerà 55 ragazzi di cui 8 detenuti, ma occorre intervenire a monte, offrendo servizi nei territori.”
Giovanpaolo Gaudino di Confcooperative Federsolidarietà Campania, ha infine sottolineato il ruolo del Terzo Settore all’interno di progetti come questo “per riannodare le relazioni che si sono spezzate nei territori, quindi contribuire a dare ai ragazzi una nuova opportunità, contribuendo a ricostruire fiducia a loro, in loro e all’interno delle comunità in cui vivono.”