LA STORIA DI ANTONIO ARRICALE – Dalle inchieste sulla pubblica amministrazione che i magistrati stanno svolgendo in tutta la Campania – in particolare nelle province di Caserta e Salerno – stanno emergendo particolari di intrecci perniciosi, interessi economici e trame inconfessabili difficili da catalogare col semplice termine di malcostume o malaffare. C’è di più, c’è dell’altro.
Il quadro dell’intera vicenda che, giorno dopo giorno, nell’opinione pubblica acquista sempre maggiore nitidezza, è a dir poco mefitico. E va ben ben oltre l’immaginazione del marcio che l’opinione pubblica da sempre attribuisce alla politica. Soprattutto a livello locale, dove in genere le persone si conoscono per quelle che sono, prima ancora che per quello che fanno.
Parlare di un verminaio non rende appieno l’idea che si accompagna ai particolari degli episodi che, qua e là, si intuiscono tra le righe delle cronache giornalistiche.
GLI ARCHITETTI DEGLI AFFARI
Intanto, le inchieste partono da lontano. I magistrati ci stanno lavorando da almeno un anno. E sono stati spesso ad un passo dal saltare, ostacolate da un’azione di depistaggio che – in un film thriller – diremmo di spionaggio e controspionaggio. Perché una cosa sembra ormai certa, nel sistema di potere – soldi, soldi, soldi distribuiti dal maggiore ente di spesa territoriale, la Regione, attraverso l’ente Provincia, i Comuni e gli enti strumentali – indagato dai pm sammaritani, gli imprenditori sono un mezzo, una specie di taxi, non gli sceneggiatori. Gli architetti del meccanismo, invece, sono sempre loro: i politici. I quali hanno, intanto, una visione precisa della strategia da adottare, dei beni da colpire, degli affari da concludere. E, spesso, anche delle contromisure da adottare, per evitare di rimanere intrappolati nella rete dei magistrati.
In un caso emerge, infatti, che se gli inquirenti si servono di un sindaco, Antonio Scialdone, per cogliere in fallo un altro sindaco, quello di Pignataro Maggiore, che è anche il presidente della Provincia; di contro, è Giorgio Magliocca che si serve di un finanziere infedele, Giuseppe Parente, cugino dell’assessore di Grazzanise, Mattia Parente, per neutralizzare o vanificare l’azione della magistratura. E siccome il militare – agente di polizia giudiziari della centrale ascolto – avvisa Magliocca di essere intercettato, questi – con evidente nonchalance – non disdegna di fare sapere ai magistrati che lo intercettano di essere membro del Comitato europeo delle Regioni, organo pletorico dell’Unione Europea (329 componenti). E, dunque, di godere dell’immunità sovrannazionale. Anche se così non è.
Aspetto – quest’ultimo – che oltretutto la dice lunga sul modo di intendere, occupare e comunque piegare ai propri scopi, una posizione istituzionale. Altro che missione, vocazione.
LA CATENA DEL POTERE
A meno che – nell’aura di intoccabilità che pensa di avere – pensi di poter di gestire a piacimento, senza dover rendere conto a nessuno, posti di lavoro, appalti e Centrali uniche di committenza, consigli di amministrazione di enti, incarichi professionali, piani regolatori, commesse di lavori pubblici sotto la soglia minima di legge (e, dunque, nella più piena discrezionalità) e altro ancora.
Intoccabili quanto si vuole, ma comunque anello – sia pure importante – di una catena di potere che, in provincia di Caserta, da qualche anno mette in fila, al di sopra Magliocca, il consigliere regionale Giovanni Zannini, presidente della Commissione Ambiente. E a valle un gruppo di imprenditori, alcuni di un certo nome.
Nel mondo di mezzo, invece, amministratori di Comuni da sempre amici e nell’orbita politica dello Zannini. Giusto per notare: i sindaci di Parete, Aversa, San Marcellino, San Cipriano, Trentola, Mondragone, Castel Volturno, altri consiglieri provinciali, qualche assessore della città normanna, società importanti come quella del Metano e via dicendo.
Un sistema, appunto, di cui la magistratura sembra avere ormai un quadro ben preciso delle relazioni e dei ruoli svolti e nel quale – di volta in volta – si affacciano anche personaggi avvolti dal mistero. Come, per esempio, un pensionato ex dipendente della Provincia di Foggia, in odore di Servizi segreti – non si sa quanto deviati – che avrebbe offerto all’imprenditore Alfredo Campoli, compare di nozze di Zannini, una pen drive contenente notizie utili per muoversi nel campo dei rifiuti, settore diventato il suo nuovo business con la società Columbus Edill Gest.
Ma anche un mezzo, questo mister X per chiudere – è lecito pensare – il circolo con l’anello ben più importante della catena: Vale a dire, il presidente della Regione Vincenzo De Luca. Ma si tratta soltanto di ipotesi, per ora.
IL CERCHIO SI È CHIUSO
Tutt’altro che di ipotesi, invece, si tratta dei due contatti avvenuti tra Campoli e il pensionato, e che sono stati registrati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa e Caserta: il primo in una non meglio precisata area di servizio; il secondo presso lo Zanzibar, noto locale di Mondragone, la città di Zannini e del suo compare di matrimonio. Così come acclarata, sembrerebbe, anche la merce di scambio utilizzata dal Mister X pugliese: documenti utili a mettere in guardia il consigliere Zannini dalle inchieste sul suo conto e sullo stesso Campoli. I quali, poi, come si sa, sono finiti ufficialmente sotto inchiesta, subendo il 3 ottobre scorso, la perquisizione delle rispettive abitazioni e dell’ufficio in Regione del consigliere.
Superfluo aggiungere, che anche l’anonimo pugliese, ha subito lo stesso trattamento dai carabinieri che, non a caso, cercavano – tra le altre cose – anche una pen drive. La stessa cercata dai magistrati di Caserta. Un’altra? Magari scomparsa dagli uffici giudiziari? Non è dato sapere. Il riserbo, con la fuga delle notizie finora registrate dall’inchiesta, fa suppore di tutto. Anche il fatto che, in cambio delle soffiate, Mister X avrebbe preteso un’entratura su quell’area del litorale casertano assai appetita per essere interessata da importanti iniziative economiche in avanzata fase di programmazione.
Dunque, è così che si chiude il cerchio? Con la politica politicante che ha in animo di mettere le mani su tutto. Peraltro, incurante del destino e della qualità di vita che intanto i cittadini casertani e campani sono costretti a vivere (si vedano, in proposito, sempre su questo giornale, i pessimi risultati del Rapporto sull’ecosistema urbano). Per non dire del futuro che lasceremo ai nostri figli e nipoti. Ad ogni modo, l’inchiesta (ché di una si tratta, essendo chiaro che solo i filoni sono diversi) sta incontrando anche molti ostacoli. Alcuni, sembrerebbe, frapposte dall’interno della stessa magistratura. E, però, il treno è già posto sul binario giusto ed è in piena corsa. Difficile, a questo punto, fermarlo. Molto difficile.
(Nella foto, da sinistra: Gerardina Cozzolino, Pierpaolo Bruni, Giacomo Urbano)