L’EDITORIALE di ANTONIO ARRICALE – Eravamo stati facili profeti nel dire – qualche settimana fa – che non sarebbe finita lì, a proposito della prima inchiesta avviata dalla magistratura nei confronti del consigliere regionale Giovanni Zannini, con relative perquisizioni dell’abitazione e dell’ufficio al Centro direzionale di Napoli, oltre che di un primo gruppo di imprenditori collusi.
Certo, non erano state, queste, le prime avvisaglie di una rinnovata attenzione della magistratura nelle vicende opache della pubblica amministrazione casertana, e non solo. (Attenzione che coincide, guarda caso, con il cambio di guardia al vertice delle principali Procure dei distretti giudiziari di Napoli e Salerno).
Dunque, segnali ce n’erano già stati. Uno, appena prima dell’estate. Sicuramente il più eclatante dal momento che – ricorderete – investiva addirittura il comune capoluogo, con cinque arresti, tra cui un assessore (Massimiliano Marzo) alcuni dirigenti ed un imprenditore. Poi ci sono state le richieste di arresto al comune di Teverola. Ora le perquisizioni a casa, in Provincia e al comune di Pignataro Maggiore del presidente della Provincia Giorgio Magliocca e di altri dieci indagati.
In tutti i casi – indipendentemente, infatti, dalle appartenenze partitiche dei singoli – si parla di operazioni giudiziarie, per così dire, maturate con l’osservazione di fatti e misfatti riconducibili alla stessa filiera politica dell’asse De Luca-Zannini-Magliocca. Di quella trimurti, cioè, che – secondo i più attenti osservatori – hanno deciso vita, morte e miracoli di tutti i protagonisti e le comparse che hanno calcato, dal 2020 in poi (anno di inizio del secondo mandato del presidente De Luca) il proscenio della politica in Terra di Lavoro. Andrebbe detto – a dire il vero – che della cupola politica – absit iniuria verbis – ne ha fatto parte, fino ad un certo punto, anche il deputato Stefano Graziano, il quale però – come si sa – da qualche tempo si è smarcato dal presidente De Luca e dal sistema di potere da lui instaurato, aderendo alla linea della segretaria del Pd Elly Schlein.
Il tutto per dire, insomma, che quello che sta emergendo (a Salerno sta avvenendo la stessa cosa) è soltanto la punta dell’iceberg. Nel senso che il malaffare nella pubblica amministrazione è, ormai, così diffuso e radicato che, per un verso, una certa opinione pubblica (quella più prossima ai circoli del potere) sembra di non farci nemmeno più caso; per l’altro, invece, è percepito in maniera oltremodo nauseabondo, al punto da allontanare sempre di più dalla partecipazione alla vita politica attiva le persone perbene. Le quali, infatti, in numero sempre crescente non vanno più a votare.
Ad ogni modo, quello che sta accadendo sul fronte giudiziario, è un autentico terremoto cui seguirà – statene certi – un violentissimo e benefico tsunami, di cui bisogna dare atto e, anzi, essere grati alla magistratura inquirente. Né appaia fuorviante il fatto che, in altra epoca, sarebbero fioccati già molti arresti. La procedura, infatti, col ministro Carlo Nordio, è cambiata: è diventata più garantista, affidando – dopo preventivo interrogatorio – al Gip la decisione degli eventuali provvedimenti restrittivi cautelari.
Insomma, il peggio (o il meglio, fate voi) deve ancora avvenire. Per intanto non guasterebbe un sussulto di dignità: i politici travolti dalle inchieste si dovrebbero quanto meno sospendere dalle cariche ricoperte. Almeno fino al Riesame. È il minimo.