L’Editoriale di Antonio Arricale – Tasse, tasse, tasse: se ne parla tanto in questi giorni. Intanto si sfoglia la margherita: ne metteranno di nuove o no? Al di là dei toni propagandistici di chi afferma o di chi nega, il cittadino sa benissimo che quando il clangore comincia ad essere insistente, al fondo la verità è una sola: se non è zuppa è pan bagnato.
Invero, ci sarebbero due modi per evitare di gravare i cittadini di altre tasse o addirittura per ridurle, come pure puntualmente promettono quando siedono all’opposizione, posto che la parola data dai nostri governanti avesse valore. Il primo, è quello di ridurre la spesa. Operazione che, oggettivamente, su una spesa dello Stato complessiva di 800 miliardi l’anno non dovrebbe essere difficile. Il secondo, è quello di crescere come Paese, di fare cioè maggiore Pil. Ma, a quanto pare, né l’una né l’altra strada è percorribile, per motivi che non è neanche il caso di ricordare.
Ci sarebbe – a dirla tutta – anche una terza via: fare, come suggerisce Mario Draghi, debito buono. Una spesa, cioè, capace di fare da moltiplicatore. Ma purtroppo anche questa strada è tutt’altro che percorribile in Italia. Eppure, un’occasione ci è stata offerta, ma a quanto pare non ne abbiamo saputo approfittare.
Prendiamo il Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza. Una manna, calata dal cielo della tanto vituperata Unione Europea: complessivamente 194,4 miliardi di euro, di cui 122,6 mld sotto forma di prestiti e 71,8 mld in sovvenzioni. Una bella somma, che se impiegata bene e velocemente avrebbe potuto metterci davvero in una posizione di privilegio, oltre che nella condizione di cominciare a ridurre il debito, che è ormai prossimo a 3mila miliardi di euro, gran parte dei quali rappresentato dagli interessi.
Ebbene, in base alle più recenti informazioni disponibili, finora l’Italia è riuscita a spendere solamente il 26% dei fondi assegnati. Complessivamente, la spesa già sostenuta finora ammonta a 51,4 miliardi ed in questi gli importi più significativi già erogati riguardano il Superbonus (14 mld circa), il credito di imposta per beni strumentali 4.0 (8,9 mld) e la realizzazione delle linee ferroviarie ad alta velocità per il collegamento – si badi bene: non con Reggio Calabria e Palermo – ma con il nord Europa (2,4 mld di euro).
Inutile aggiungere che dove il meccanismo se non del tutto inceppato, ha fortemente rallentato è al livello delle Regioni. Prendiamo, per esempio, la Regione Campania che per il Pnrr è stata destinataria di 11,9 miliardi di euro, di cui 8,56 mld di progetti esclusivi di Palazzo Santa Lucia e di altri 3,42 transregionali. Perché questi fondi non sono stati ancora spesi? Di chi è la responsabilità?
Ecco, bisognerebbe che Vincenzo De Luca rendesse conto di queste cose, invece di inseguire arrogantemente il terzo mandato. A noi avrebbe evitato – per la parte che gli compete – di sovraccaricarci di nuove tasse e, anche, di continuarci a fare il fegato amaro.