“In Piemonte il deficit di precipitazioni negli ultimi sei mesi è stato del 55 per cento, rispetto alla media storica. A maggio, il secondo più caldo dal 1965, le temperature sono state di 2,5 gradi più elevate del normale, e nella prima decade di giugno di 0,9 gradi. Il manto nevoso in quota è ridotto del 60 per cento rispetto alla norma: ci sono 227 milioni di metri cubi rispetto ai 555 che dovrebbero esserci: prima d’ora il minimo si era toccato nel 2007, quando si era arrivati a 257.
Già a dicembre, quando la carenza di pioggia iniziava a farsi sentire, la Regione aveva approvato le linee guida per i Comuni. E se a Torino il 75 per cento dell’approvvigionamento idrico dipende da pozzi profondi, che in questo momento non danno problemi, è nelle zone alpine e prealpine che si registrano le maggiori difficoltà. Nel Torinese sono 11 i comuni in cui la fornitura è in corso con autobotti e Smat ha già chiesto a un’ottantina di amministrazioni di fare ordinanze consentendo il consumo d’acqua solo per usi essenziali (vietando ad esempio il lavaggio delle auto o l’irrigazione di giardini privati e aree verdi). Le soluzioni non mancherebbero. Ad esempio bisognerebbe salvaguardare i Santuari dell’acqua potabile: la pianura vercellese, cuneese, alessandrina sono oggetto di attacco continuo da parte di progetti di attività antropiche con discariche, impianti industriali a rischio contaminazione falde e non ultimo, come non bastasse il resto, lo spettro del paventato Deposito unico nazionale delle scorie nucleari, che si pensa di fare nei pressi di aree che ospitano falde profonde (specie nel torinese e nell’alessandrino)”. Lo ha dichiarato Paolo Sassone, geologo, Presidente sezione Lombardia della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA).
Nel cuneese e nell’alessandrino:
“Nel Cuneese i problemi maggiori per la carenze di pioggia sono a Ormea e Demonte, dove sono intervenute le autobotti, ma anche le 1.300 sorgenti montane (che garantiscono il 55 per cento della portata idrica) sono in sofferenza. Nell’Alessandrino le difficoltà sono iniziate a giugno – ha continuato Sassone – soprattutto nei comuni turistici, con l’aperture delle seconde case e quindi l’aumento di richiesta di acqua. Sono già state emesse le prime ordinanze per limitare i consumi e a Pietramarazzi e Montecastello la protezione civile ha portato le autocisterne. I problemi maggiori, comunque, si registrano nel Nord del Piemonte: da febbraio ad oggi sono stati eseguiti 1.080 interventi tramite autobotti nel Verbano Cusio Ossola e nel Biellese, Casalese e Vercellese”.
Ecco cosa accade:
“Nella regione che una volta vantava risorse naturali, ambientali ed ittiche lungo sul Grande Fiume Po, oggi si susseguono interventi di emergenza di recupero della fauna ittica nelle secche e fontanili oggetto di pompaggi e derivazioni smisurati (o poco controllati).
Anche l’industria dell’acqua minerale, che vede il Piemonte come prima regione produttrice – ha proseguito Paolo Sassone – e che certamente sfrutta la risorsa ma ne ha però cura particolare, sta vedendo crollare le portate alle sorgenti in quota. L’unica nevicata invernale fu l’otto dicembre 2021 e fu poca cosa. Oggi le sorgenti sono ai minimi e ancora piu’ lo sarà a settembre a fine estate.
Le riserve degli acquiferi montani hanno gia denunciato il crollo nell’estate 2021 con l’emergenza delle autobotti in vari comuni del cuneese e torinese, con le sorgenti a secco. I pozzi idropotabili di fondovalle non bastano o non ci sono, perche’ solo ora si scopre il problema.
Si ripeterà tutto il copione anche quest’anno con maggiore intensità, se non arriveranno piogge che peraltro il periodo estivo non sono consuete ne’ attese”.
Le soluzioni:
“A parte le azioni per la riduzione dei gas climalteranti, si definisca per legge un percorso per invertire subito la rotta scegliendo e incentivando colture meno idroesigenti, lasciando più acqua possibile nei fiumi, ridurre i prelievi idroelettrici ove possibile, invece di mantenerli ai massimi livelli sempre.
Investimento nella ricerca idrogeologica e nella conoscenza potenziando e manutenendo le captazioni e i bacini di raccolta – ha proseguito Paolo Sassone – e recependo le migliori tecniche di irrigazione: la California, vede in mezzo al deserto colture di agrumi, prugne, ortaggi, con irrigazione goccia a goccia; ovunque vi sono invasi grandi e piccoli per il recupero delle acque meteoriche.
Il PNRR dovrebbe mettere al primo posto una campagna di incentivi per i bacini di raccolta delle acque di piena, anche nei territori collinari e privi di idrorisorse (ad esempio il mio Monferrato).
Promuovere la cultura del risparmio vero: si affronti la criticità delle perdite acquedottistiche sostituendo condotte ammalorate, e spesso con tubi di amianto.
La salvaguardia dei Santuari dell’acqua potabile: la pianura vercellese, cuneese, alessandrina sono oggetto di attacco continuo da parte di progetti di attività antropiche con discariche, impianti industriali a rischio contaminazione falde e non ultimo, come non bastasse il resto, lo spettro del paventato Deposito unico nazionale delle scorie nucleari, che si pensa di fare nei pressi di aree che ospitano falde profonde (specie nel torinese e nell’alessandrino).
Dunque ci sono delle soluzioni da mettere in campo; non farlo è grave, non capirlo ancora di più”.
Ed infine la storia: dalle opere di Camillo Benso Conte di Cavour ad oggi!
“Il Piemonte da sempre è terra di acque. Questo dato che si era dato per scontato non appare più vero, come confermato dalla siccità che attanaglia da mesi la regione circondata alle più alte vette d’Europa – ha concluso Paolo Sassone – e dalle più ingenti risorse idriche costituite dai quasi ex ghiacciai, nevai, bacini e torrenti che circondano su tre lati la regione.
La campagna di grandi opere condotta da Camillo Benso Conte di Cavour nel 1800 aveva lo scopo di portare l’acqua a tutta la pianura piemontese per favorirne lo sviluppo agrario portando oggi il Piemonte ad essere il territorio agricolo più fertile e più irriguo, con produzioni odierne di riso e mais a livelli inimmaginabili al tempo.
Questo oggi si scontra con la siccità e la scarsità di acqua e l’agricoltura non può non tenerne conto: la riconversione colturale e comportamentale appare obbligata, cosi come l’utilizzo diretto per l’idroelettrico viene messa in discussione. Per il raffreddamento delle ex centrali nucleari sul PO (Trino, Caorso) oggi addirittura non ci sarebbe neppure l’acqua: ci ha pensato la siccità dopo i 2 referendum a chiudere il discorso”.