L’editoriale di Antonio Arricale – Più che campo largo, si dovrebbe parlare di campo minato. A Genova, infatti, per le elezioni regionali della Liguria Matteo Renzi si è chiamato fuori.
O, meglio, è stato messo alla porta dal veto di Giuseppe Conte. Il suo partito, Italia Viva (che a questo punto, appare francamente più morto che vivo) non solo non farà parte della coalizione che sosterrà Andrea Orlando contro il sindaco della città, Marco Bucci, ma non parteciperà neanche alle elezioni, dal momento che non c’è più il tempo per organizzare nemmeno una lista autonoma.
Non solo, il leader dei 5 Stelle è stato tranciante anche con la stessa Elly Schlein, la segretaria del Pd, che invece avrebbe voluto accogliere Matteo come una sorta di figliul prodigo. Non dimentichiamolo, Renzi è stato segretario del Partito Democratico dal 2013 al 2018. E nel mezzo, anche presidente del Consiglio: vi ricordate il suo cinico “Stai sereno” con il quale diede il benservito al povero Enrico Letta, compagno di partito, da Palazzo Chigi?
“È stato un grave errore politico aprire il capo largo a Renzi” – ha sottolineato Conte, che ha aggiunto: “se questo è uno schema, noi non ci stiamo”. Come dire, Elly, sei avvisata.
L’epilogo della vicenda politica di Genova è stato seguito e regiatrato con grande preoccupazione dal presidente della Giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca. Il quale su Matteo Renzi – nei giorni scorsi, nell’aula del Consiglio regionale al Centro Direzionale di Napoli, tra i due ci sono stati calorosi abbracci e baci a favore di telecamera – aveva confidato per una doppia manovra.
Assicurarsi, cioè, dal un lato, in largo anticipo l’appoggio di Italia Viva per la terza candidatura ed elezione da presidente della Campania. Quindi, utilizzare l’ex sindaco di Firenze per piegare le resistenze in seno al Pd proprio rispetto al terzo mandato.
Ma, a ben vedere, c’è anche un terzo inconfessato motivo, che da stanotte turberà il sonno di De Luca. Con la rottura di Genova e, a cascata, con gli inevitabili effetti che ne deriveranno dal livello centrale a quello periferico, sarà ora più difficile anche pensare di modificare in tempo la legge elettorale regionale, così da permettergli di aggirare l’ostacolo.
Ma, attenzione: De Luca una ne pensa, cento ne fa.
Il gioco degli inganni che non piace a Schlein: Sarà Fico il prossimo candidato del Pd
L’EDITORIALE di ANTONIO ARRICALE – I retroscenisti di vicende politiche raccontano di