DAILY MAGAZINE

Omicidio Vassallo, i pm accusano Cagnazzo: gestiva la droga che viaggiava nelle valigie dei pentiti

in News/Uncategorized by

POLLICA – Il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo da ieri è rinchiuso nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Per i magistrati depistò le indagini sull’assassinio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo. Ma non solo.

L’ufficiale dell’Arma, per la Procura della Repubblica di Salerno, “costruì” il movente che avrebbe dovuto indurre gli inquirenti a collegare l’omicidio del sindaco pescatore a Bruno Humberto Damiani, italo-brasiliano ed a Roberto Vassallo (solo omonimo del sindaco), titolare di un albergo del luogo, per questioni legate allo spaccio di stupefacenti.

Cagnazzo, originario di Aversa, compirà 54 anni il 27 novembre e viene da una famiglia di carabinieri. Maresciallo il nonno, generale in congedo il padre. Era capo dei Ros a Palermo quando venne arrestato Totò Riina ed ora si ritrova in cella per aver coperto un traffico di droga in cambio di mazzette e di aver contribuito all’omicidio di Vassallo.

Per lui i reati ipotizzati dalla Procura sono quelli di concorso in omicidio con fini camorristici. Al militare la Procura contesta, infatti, di aver favorito il clan Cesarano di Pompei-Scafati e di avere assicurato il depistaggio dell’inchiesta agli altri tre indagati: Giuseppe Cipriano, Romolo Ridosso e l’ex carabiniere Lazzaro Cioffi (nato a Casagiove e residente a Maddaloni). Questi ultimi – sempre secondo l’accusa – avrebbero preso parte all’ideazione, pianificazione e organizzazione dell’omicidio di Vassallo, assassinato il 5 settembre 2010 con nove colpi di pistola calibro 9: i primi sopralluoghi preliminari sarebbero stati eseguiti da Cioffi, poi da Ridosso e Cipriano, i quali si assicurarono che nel luogo, dove poi avvenne l’omicidio, non ci fossero telecamere di videosorveglianza.

Intanto la pagina Facebook del colonnello Cagnazzo è stata presa d’assalto da suoi sostenitori con messaggi di solidarietà e inviti a ‘non mollare’.

Intanto, a 24 ore dagli arresti, nuovi dettagli emergono sulle indagini fin qui condotte. Ci sarebbe stato “un uso strumentale dei pentiti” per trafficare sostanza stupefacente sulla rotta Acciaroli-Napoli, droga che veniva stipata, una volta approdata nel Cilento in una base che si trovava nell’area circostante la torre normanna del Caleo, in un terreno di proprietà di alcuni imprenditori locali.

Si tratta di esternazioni che l’agente immobiliare di Acciaroli Pierluca Cillo fa a Francesco Avallone, all’epoca fidanzato di Giuseppina Vassallo, figlia di Angelo.

L’agente immobiliare informa Avallone dell’esistenza della base per lo stoccaggio della droga riconducile al colonnello Cagnazzo e a due fratelli imprenditori con i quali l’ufficiale era in rapporti: “Ricordo che disse (Cillo) anche che al Caleo c’era una base di droga (circostanza confermata anche da un collaboratore di giustizia), – dice Avallone – che poi veniva trasferita a Napoli, e che i pentiti non erano altro che uno strumento per coprire questo traffico…”. Avallone dichiara, sempre il 4 ottobre 2010, anche che l’agente immobiliare gli aveva confidato che “il sindaco ucciso aveva scoperto questo utilizzo strumentale dei pentiti”.
In un secondo colloquio avuto sempre con Cillo, di cui Avallone riferisce, risalente a 3-4 giorni dopo il precedente, l’agente immobiliare lo informa anche del fatto che Cagnazzo “riceveva coperture dal proprio padre e dal generale Pisani”.
Nella testimonianza resa il 4 ottobre 2010 dalla figlia del sindaco pescatore Giuseppina Vassallo, che parla di quello che il fidanzato gli aveva detto dopo l’incontro con Cillo, emerge che l’agente immobiliare era “a conoscenza di un deposito di stupefacenti sito in un garage vicino al mare dove il colonnello Fabio Cagnazzo depositava la droga che portavano i familiari dei collaboratori che vivevano nel residence” riconducibile ai due imprenditori locali legati all’ufficiale.
Secondo Cillo, riferisce ancora la donna, sempre parlando di quello che aveva appreso dal fidanzato, “Fabio Cagnazzo faceva mettere quantitativi di sostanze stupefacenti all’interno delle valigie dei collaboratori di giustizia ospitati in strutture di Acciaroli” che poi finivano nel garage indicato.
    Le informazioni comunicate da Cillo ad Avallone (poi trasferite da quest’ultimo a Giuseppina Vassallo), l’agente immobiliare riferisce di averle apprese da una sua ex che, nel frattempo, si era sentimentalmente legata proprio a uno di quei “pentiti”.

Il gip: non individuati gli esecutori materiali, clima di omertà e reticenza

L’inchiesta sull’uccisione di Vassallo non si chiude con gli arresti di ieri: il gip del tribunale di Salerno, nelle 400 pagine dell’ordinanza, scrive più volte che gli esecutori materiali del delitto, avvenuto la sera del 5 settembre 2010 mentre il sindaco tornava a casa, non sono stati ancora “chiaramente individuati”, anche se è stato possibile ricostruire in modo “coerente e dettagliato” movente e organizzazione del delitto, oltre ai depistaggi successivi.

Ma il giudice avverte, soprattutto, che l’attività investigativa “non ha ancora raggiunto una completa e compiuta ricostruzione degli scenari che conducevano all’esecuzione del sindaco Vassallo”.
“Scenari”, dunque, che potrebbero svelare novità anche sul movente, al momento confinato al giro di droga in cui sarebbero stati coinvolti i quattro finiti in carcere (tra cui il colonnello dell’Arma Fabio Cagnazzo), che il sindaco aveva scoperto e che voleva denunciare. Ma questa parte delle indagini, come del resto tutta l’inchiesta, si rivela molto complicato a causa, come scrive il gip parlando delle difficoltà di ricostruire la vicenda, anche del “clima di particolare omertà, reticenza e quasi diffidenza” che si respirava, e forse si respira ancora, nei luoghi dove si sono svolti i fatti.

Ultimi da...

Go to Top