Chissà se il presidente Vincenzo De Luca, stamattina, all’ingresso di Palazzo Chigi – dove si è recato per siglare, dopo mesi e mesi di polemiche al vetriolo, l’accordo per la coesione per la Campania – sarà stato perquisito dalla polizia, essendo nota la sua dimestichezza con il lanciafiamme, sia pure soltanto verbale.
Lo ricordiamo tutti, infatti, qualche mese fa, ripreso dalle televisioni di mezzo mondo, sbracato nei gesti e alterato nella voce, che – moderno masaniello – grida verso i poliziotti che organizzano un cordone di sicurezza e ci vanno giù, magari, anche un po’ pesanti: “Ci dovete caricare! Ci dovete uccidere!!!”. Mentre la piazza dei sindaci del sud, convocati a Piazza della Colonna, tutto intorno intona “Bella ciao”.E chissà, l’imbarazzo – varcando la porta del gabinetto presidenziale – provato dai due interlocutori al ricordo del reciproco scambio di effusioni (si fa per dire): “Vada a lavorare”, detto da lei; “Senza soldi non si lavora. Stronza, lavori lei”, replicato da lui.E chissà se anche ora, al secondo incontro ufficiale tra i due, la premier abbia esordito con il ben noto: “Salve, presidente De Luca, sono sempre io, quella stronza della Meloni”.
Diciamoci, la verità, ciascuno di noi, nel vedere le immagini dell’incontro – al di là delle apparenze formali, del buon viso al cattivo gioco, per intenderci – ha percepito comunque un velo di imbarazzo tra i due, che, appunto, nel recente passato non se le sono mandate a dire pesantemente.
Si dirà: è la politica. Un famoso socialista, il fu ministro Rino Formica, avrebbe chiosato: “Che volete: la politica è sangue e merda”. Cui però il grande Totò, come in Miseria e nobiltà, avrebbe aggiunto: “Solo merda, Pasquà”.
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