L’isola azzurra, l’isola dell’amore, l’isola più bella del mondo. Potremmo continuare all’infinito elencando gli appellativi che Capri ha suscitato nella sua millenaria storia.
Chi non vorrebbe vivere l’atmosfera e la bellezza di questo scoglio di rocce calcaree nel blu cobalto del Mediterraneo? Fiumi di persone arrivano da tutti i paesi del pianeta per godere, chi per un solo giorno, chi per una sosta più lunga nei fastosi alberghi, nei B&B o ancorati in lussuosi yacht, delle sue accoglienti acque. Un’economia straordinaria si è sviluppata, per soddisfare le esigenze, grandi e piccole, dei visitatori sempre più numerosi. Ma come coniugare tutto questo con la salvaguardia del patrimonio che ha generato tanta ricchezza? Da anni si discute sul numero chiuso per i turisti, sull’istituzione dell’Area Marina Protetta, ma, come si può immaginare, “forze” contrarie a queste soluzioni hanno impedito il realizzarsi di azioni che avrebbero in qualche modo regolamentato lo straordinario flusso di denaro che nei pochi mesi estivi entra nelle attività capresi. Ma le amministrazioni dell’isola non si sono date per vinte e, con coraggio e determinazione, hanno messo in atto un provvedimento per il mare che molto si avvicina sia alla protezione della biodiversità marina, sia all’esigenza di vivere il mare in tranquillità e sicurezza, nuotando intorno al meraviglioso scoglio. Per il secondo anno, gavitelli e boe hanno limitato l’accesso dei natanti a grotte ed estese zone di mare, formando negli specchi d’acqua delle piscine naturali silenziose e pulite frequentate da canoe e nuotatori. Un paradiso apprezzato da quella parte di visitatori, soprattutto stranieri, venuti a vivere la natura incontaminata dell’isola. Io e mia figlia siamo appassionate nuotatrici e facciamo un grande plauso al Comune di Capri e di Anacapri che non si sono arresi e hanno trovato il modo di salvaguardare l’immenso patrimonio dell’isola senza intaccare un’economia così importante per i suoi abitanti. Così, in questi giorni, abbiamo monitorato i fondali e abbiamo notato che l’acqua è particolarmente limpida. Ciò è sicuramente dovuto alla siccità, problema enorme che sta mettendo in ginocchio l’agricoltura e le risorse di acqua del nostro Paese ma che, per la salute del mare, rappresenta una straordinaria boccata di ossigeno. Veleni e plastiche trasportate dai fiumi attualmente in magra – si legge nella nota di Marevivo – hanno avuto una battuta d’arresto: ricordiamo che l’80% dei rifiuti plastici arriva proprio dai corsi d’acqua. Ma cosa succederà quando gli inevitabili acquazzoni arriveranno? Il carico inquinante concentrato in questi mesi si riverserà in un ecosistema delicato e assisteremo impotenti a un massacro annunciato. Oltre ad aver riscontrato la trasparenza delle acque, siamo state circondate da nuvole di piccole alici, guarracini, salpe, occhiate, saraghi, cefali, addirittura triglie e dentici, ma ci siamo chieste chi mancasse all’appello tra gli esseri che facevano parte della ricca biodiversità dell’isola.
Salta all’occhio la scomparsa dei ricci che ricoprivano gli scogli, ma anche delle stelle marine, degli sconcigli, delle attinie (“pomodori di mare”), di cozze pelose, orecchie di Venere, spondili, oloturie (“cazzilli di mare”) e granchi. Sono irrimediabilmente vuote le tane del “rancio fellone” e dei polpetielli, vuoti i laghetti tra le rocce dove viveva un microcosmo fatto di lumachine, gamberetti, ghiozzi, bavose e pulci di mare. Come poi non accorgersi della scomparsa della Cystoseira, un’alga bruna che bordava tutte le rocce dell’isola e si alzava e si abbassava secondo il movimento delle onde sprigionando il suo profumo marino e delle folte praterie di Posidonia ridotte in una presenza di ciuffi a macchie di leopardo? Ma tutto questo esercito di esseri animali e vegetali che fine ha fatto? Nessuno lo sa. Purtroppo la ricerca scientifica, e soprattutto la ricerca sul mare, è penalizzata da priorità che sembrano più urgenti, come scoprire cosa ci sia su Marte. Pare che in tempi remoti l’acqua fosse presente su questo Pianeta attualmente arido. Questa scoperta viene considerata fondamentale, nell’ipotesi che un giorno, dovendo lasciare la Terra non più ospitale, potremmo andare a vivere lì. Eppure, nel frattempo, non ci preoccupiamo di capire le leggi che regolano l’immensità dei mari e degli oceani sul nostro pianeta e che ci consentono di poter vivere qui dove siamo nati. Sembra una follia, ma è così: si stima che nel 2050 avremo perso un milione di specie, ma non sappiamo quali e quante nel frattempo si siano già estinte. Io ho una memoria storica perché da settanta anni vado sott’acqua e osservo la vita marina, ma non sono una ricercatrice né una scienziata, sono solo una persona che è stata catturata da Madre Mare con tutte le sue creature e sono molto preoccupata dal fatto di non ritrovare più le stesse creature che un tempo abitavano i fondali della mia bella isola. I giovani vedono quello che vedo io oggi e non hanno ricordi di quello che c’era prima: per loro questa è la normalità. Marevivo da anni chiede l’istituzione dell’Area Marina Protetta che abbia il compito non solo di proteggere ma anche di catalogare con minuzia tutti gli esseri che compongono la sua biodiversità. Il Mare Mediterraneo è malato, che cosa gli abbiamo fatto? Con la pesca intensiva e illegale uccidiamo la sua vita, con l’inquinamento lo facciamo morire. Limitare con le boe il passaggio e l’ancoraggio dei natanti a motore è un provvedimento che non soddisfa totalmente le nostre aspettative ma è un grandissimo passo nella direzione che ci auguriamo. Il nostro futuro dipende dalla salute del mare e la salute del mare dipende purtroppo da noi. Avanti tutta e grazie anche da parte del Mare!