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Maglia nera per il Belpaese sui rifiuti: necessari nuovi investimenti

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Si rendono necessari nuovi investimenti per costruire nuovi impianti di recupero energetico e di frazione organica, che consentirebbero di generare fino a 11,8 miliardi di euro di indotto economico, con un gettito per lo Stato di 1,8 miliardi e una riduzione della Tari per le famiglie italiane superiore a 550 milioni. Dal punto di vista ambientale, la riduzione del deficit impiantistico porterebbe ad una riduzione di 3,7 milioni di tonnellate di emissione di CO2, pari al totale delle emissioni generate dai settori manifatturieri della produzione del metallo, del ferro e dell’acciaio.

Le stime si leggono nei “messaggi chiave” numero 8 e 9, tra i dieci enunciati nel Position Paper elaborato da The European House — Ambrosetti in collaborazione con A2A, la più grande multiutility italiana. Il documento (“Da Nimby a Pimby. Economia circolare come volano della transizione ecologica e sostenibile del Paese e dei suoi territori”), presentato in anteprima venerdì 3 settembre in occasione del Forum Ambrosetti di Cernobbio, si pone un duplice obiettivo: la definizione di uno scenario strategico per la gestione circolare dei rifiuti, quantificando prima il reale fabbisogno impiantistico delle Regioni italiane, e delineando poi un modello di sviluppo basato sul superamento della sindrome di Nimby (1 impianto contestato su 3 riguarda la gestione dei rifiuti) e su tempi certi per la realizzazione degli impianti. Tempi che scontano oggi una eccessiva lunghezza della fase di progettazione e autorizzazione che in media assorbe il 60%.

Il tutto per rispondere ai diktat del Circular Economy Action Plan dell’Unione europea, adottato lo scorso marzo, che punta su una gestione dei rifiuti orientata al recupero e alla riduzione del ricorso alla discarica, fissando per il 2035 il target di riciclo effettivo di rifiuti urbani al 65% e di conferimento in discarica inferiore al 10%.

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