di Antonio Sanfelice – La fumata bianca è soltanto questione di mesi, ormai. Parola del rettore della Vanvitelli, Gianfranco Nicoletti. “Finalmente siamo entrati nella fase conclusiva dei lavori relativamente ai blocchi della didattica e della ricerca
avendo individuato e anche formalizzato con i necessari atti tecnici ed amministrativi le necessità di modifica e aggiornamento rispetto ad alcune precedenti soluzioni” – ha dichiarato in una intervista al Mattino. E, a scanso di dubbi, che pure permangono nella mente di molti scettici, ha aggiunto: “Contestualmente, abbiamo avviato le attività propedeutiche all’acquisto degli arredi e degli altri necessari accessori, il tutto per consentire il completamento delle attività di predisposizione degli spazi prima della prossima pausa estiva e per dar corso, quindi, all’interno del plesso, delle attività didattiche programmate per il prossimo anno accademico. Grato al professore Mainetti e a tutta la squadra di Condotte che ha comprato il ramo d’azienda del Policlinico”.
Insomma, almeno dal punto di vista della costruzione di quella che era raccontata, ormai, come una “storia infinita” – del Policlinico a Caserta si comincia a parlare nel 2001 mentre la posa della prima pietra è del 2005 – per l’ospedale universitario sembrerebbe cosa fatta.
Il condizionale, tuttavia, è d’obbligo: perché, quand’anche si arrivasse alla predisposizione della cerimonia del taglio del nastro, ci sono ancora molti ostacoli da superare. Non ultima la questione ambientale. E gli interessi, palesi o occulti che essa nasconde. A cominciare dalle volontà politiche. Sissignori, perché finora si era ritenuto – forse a torto – che ad ostacolare la realizzazione della struttura ospedaliera universitaria fossero i baroni di Medicina, restii ad emanciparsi dalla casa madre della Federico II. Ostacolo superato, sebbene obtorto collo, con la piena autonomia, raggiunta anche nel nome, della Vanvitelli.
Dunque, il vero ostacolo, ora, è politico e, soprattutto, di forti ed inconfessabili interessi economici. Il Policlinico, infatti, non potrà avviare la propria missione se, alla base, non si risolve l’annosa questione ambientale. Questione legata, come si sa, all’industria estrattiva e che fa capo in modo particolare (dal momento che le attività cementiere sono ormai in via di definitiva dismissione) alla famiglia Luserta, potentissima schiatta economica che ha sempre condizionato, nel bello e cattivo tempo, le vicende politiche ed economiche di Terra di Lavoro.
La cava che fa capo alla società Luserta Luigi srl è tutt’oggi attiva, infatti, ad un tiro di schioppo, in linea d’area, del sito del Policlinico. Ed è additata dalla popolazione delle frazioni di San Clemente e Tredici – oltre che dalle circostanziate denunce dei numerosi attivisti dei comitati civici e ambientali che da anni lottano per stoppare questo scempio – come la maggiore causa dell’alta incidenza tumorale sugli abitanti della zona. Popolazione che ne soffre per le polveri prodotte, l’irrespirabilità dell’aria e, non ultimo, l’insostenibile traffico di mezzi pesanti che paralizzano le viuzze delle frazioni.
“Il sito estrattivo su cui è esercitata l’attività – è pubblicizzato, con vanto, in una locandina on line dalla società – è di antica data, fin da 1752”. E si vede – altro che, se si vede, verrebbe da dire – guardando la collina che appare completamente sventrata. Anzi, violentata. Ed il punto è proprio questo.
Vi è, infatti, che nelle more delle politiche ambientali della Regione Campania sempre annunciate ma mai definite, l’attività estrattiva è stata ricompresa e normata nell’ambito del Prae (Piano delle attività estrattive) ed il sito in questione (decreto del 2015) perimetrato all’interno della zona denominata Zac. In altri termini, l’attività estrattiva sarebbe dovuta essere temporanea e durare tre anni, prorogabile fino a cinque. Un’area di estrazione di 350 mila metri quadrati ed un volume da estrarre di un milione e 500 mila metri cubi.
Ebbene, il sito è tutt’ora attivo, con una produzione giornaliera di 1500 metri cubi. Come mai?
E qui entra in gioco un altro attore, il consigliere regionale casertano Giovanni Zannini, nella sua qualità di presidente della Settima commissione permanente della Regione Campania, che si occupa – nemmeno a ricordarlo – di ambiente e protezione civile. Zannini è una sorta di “deus ex machina” della politica casertana. Primo eletto nella lista De Luca Presidente – lista civica di supporto all’attuale presidente della giunta regionale – ha il pregio (se pregio è) di tenere tre piedi nella stessa staffa, e di far dialogare e cooperare destra e sinistra, tutti insieme compatibilmente. È, per esempio, tanto per intenderci, il maggiore sponsor del presidente della Provincia, Giorgio Magliocca, uomo di destra di antica militanza, il quale – come massimo rappresentante del maggiore ente territoriale di base – pure dovrebbe poter dire la sua, sia sulla sorte del Policlinico e sia, soprattutto, sulla salvaguardia ambientale di un’area dove i morti per tumore ormai non si contano. Il quale, però, come fa appunto Zannini, sulla materia glissa.
Ecco, sarebbe, interessante – dicono all’unisono i rappresentanti dei Comitati civici che si battono da anni per la dismissione delle cave e la restituzione della salubrità all’aria delle frazioni – quali sono gli atti messi in campo, nel senso auspicato, sia dalla Regione Campania e sia dalla Provincia. E sapere, insomma, se davvero il Policlinico lo si vuole finalmente aperto e, se invece, si preferisce tenere aperte le cave. (Nella foto, in senso orario, da sinistra: l’Imprenditore Antonio Luserta, il consigliere regionale Giovanni Zannini, il presidente della Provincia Giorgio Magliocca ed il rettore dell’Università Vanvitelli Gianfranco Nicoletti)