Provo a mettermi nei panni di un operaio Stellantis di Pomigliano d’Arco dove, tra agosto e settembre, i dipendenti hanno fatto cinque giorni in cassa integrazione; oppure, di un qualsiasi dipendente italiano del gruppo industriale ex Fiat (ma ora, come sapere, italo-americano-francese, con sede ad Amsterdam) dove l’aria che tira è pressoché la stessa, se non addirittura più pesante.
Dunque, un bel giorno di fine estate, il nostro operaio si è visto recapitare una e-mail dall’azienda, che – immagino – temendo il peggio, avrà deciso di leggere, con enorme apprensione, soltanto dopo aver tirato un lungo respiro.
Inutile ricordare che Stellantis è uno dei gruppi automobilistici più grandi a livello mondiale: il quarto per volumi di auto vendute (8,8 milioni) e, in assoluto, il 29esimo gruppo industriale per fatturato (180 miliardi di dollari). Insomma, un colosso, anche se – come molti dicono – con i piedi di argilla. La qualcosa non alleggerisce di certo la pressione del nostro operaio, tutt’altro.
Ma grazie a Dio, questa volta la lettera non annuncia né nuova cassa integrazione, né di peggio. E sarebbe addirittura una bella notizia, se non avesse – dato la premessa – il sapore amaro di una presa in giro. Uno scherzo di cattivo gusto che nessuno mai dei dirigenti dell’ex Fiat o solo di uno dei marchi prestigiosi del vecchio gruppo italiano (Alfa Romeo, Lancia, Maserati, Abarth) un tempo si sarebbe mai sognato di fare.
E non si tratta nemmeno di un’americanata, dal momento che nemmeno i vertici di Chrysler, Dodge, Jeep e Ram sono arrivati mai a tanto.
Vi è, insomma, che i dirigenti di Stellantis abbiano pensato di offrire ai propri dipendenti, compresi quelli in cassa integrazione, la possibilità di acquistare una Maserati – il Grecale, la GranTurismo e la GranCabrio – a prezzi scontati. “A condizioni dedicate a te, ai tuoi familiari e ai tuoi amici” è scritto nella e-mail. Vetture che costano dagli 80 ai 180 mila euro. Un sogno per l’operaio che, nella migliore delle condizioni, non arriva a 1.500 euro al mese e, in alcuni casi, addirittura a mettere insieme il pranzo con la cena.
Non solo. Al colmo della beffa – ché di questo si tratta, agli occhi del nostro operaio, e anche nostri – la lettera è stata recapitata mentre in tutti gli stabilimenti italiani del gruppo e a Cassino, in particolare (dove si produce, appunto, il Grecale e la fabbrica è a rischio chiusura) erano in corso assemblee sindacali a dir poco vivaci. E, al colmo del paradosso, nel mentre la multinazionale annuncia un investimento di 400 milioni di dollari in Michigan (Usa).
Ora, inutile recriminare su tutto ciò che l’Italia ha fatto e dato alla famiglia Agnelli. E viceversa. La Fiat, infatti – non lo dimentichiamo – ha dato agli italiani fino a 100 mila posti di lavoro, senza considerare l’indotto.
E, tuttavia, a rendere ancor più indigesta, se possibile, questa vicenda, fa da contrappunto la notizia che lo stipendio dell’amministratore delegato di Stellantis – Carlos Tabares, il manager portoghese che ha preso il posto del compianto Sergio Marchionne – nel 2023 è stato di 13,5 milioni di euro, cui ha sommato un bonus di 10 milioni di euro legato “al raggiungimento degli obiettivi del gruppo e alla sua trasformazione in un’azienda di mobilità tecnologica sostenibile”. Sicché la sua remunerazione complessiva è stata di 23,5 milioni di euro, rispetto ai 14,9 milioni del 2022. Come dire, oltre 64 mila euro al giorno. Oppure, più di 15mila volte lo stipendio medio del nostro operaio. Il quale, in ogni caso, una Maserati – nonostante lo sconto – non potrà mai permettersi di pagare e, dunque, di possedere per cui l’offerta gli sarà sembrata un po’ come le famose brioches di Maria Antonietta all’epoca della Rivoluzione francese.
Ma Tabares è portoghese, direte: sì, però, in Stellantis ci sono anche i francesi di Pegeot.