“Ben 3 geositi italiani sono stati inseriti dall’International Union of Geological Sciences, organismo scientifico mondiale fondato nel 1961, tra i 100 geositi più rappresentativi della Terra. Siamo in presenza di un risultato senza precedenti. Negli ultimi decenni molti ricercatori hanno studiato, in silenzio e con molta convinzione, siti di grande rilevanza geologica per far si che venissero geoconservati e successivamente valorizzati. In questi giorni è uscito il risultato di una selezione attenta dei 100 geositi più rappresentativi della Terra, nell’ambito del progetto International Union of Geological Sciences (IUGS) Geoheritage. Apprendiamo con molto piacere che tra i 100 geositi selezionati, ben tre ricadono nel territorio italiano e sono: I Campi Flegrei; La Gola del Bottaccione; La frana del Vajont”. Lo ha annunciato Mario Bentivenga, geologo, Responsabile Area Tematica “Patrimonio Geologico e Geodiversità” della Società Italiana Geologia Ambientale.
Ecco la descrizione dei tre siti italiani. “I Campi Flegrei (dal greco “campi ardenti”) sono una vasta area vulcanica, posta nel golfo di Pozzuoli, ad occidente rispetto a Napoli. L’area è caratterizzata da numerose fumarole e acque termali – ha continuato Bentivenga – che da sempre vengono utilizzate dall’uomo. I Campi Flegrei rappresentano una serie di centri vulcanici che ricadono all’interno e nei pressi di un’area depressa chiamata caldera. La caldera è il risultato del collasso del tetto del serbatoio magmatico superficiale, causato dallo svuotamento a seguito di eruzioni, anche di elevata energia (Eruzione dell’Ignimbrite Campana di 40.000 anni fa). L’ultima eruzione risalente al 1538 ha generato il cono di tufo di Monte Nuovo. La caldera dei Campi Flegrei è soggetta a una lenta deformazione del suolo nota con il nome locale di bradisismo che è caratterizzato da un periodo di abbassamento seguito da uno di innalzamento della superficie. Attualmente, la superficie è interessata da un costante sollevamento. L’attività di questo campo vulcanico risale a più di 80.000 anni”.
““La Gola del Bottaccione”, nel territorio di Gubbio (PG) in Umbria, è stata oggetto di studi dettagliati di sedimentologia, magnetostratigrafia, biostratigrafia ed anche di geochimica, poiché ha un grande interesse geologico – ha dichiarato Bentivenga – per la conoscenza della stratigrafia dal Cretaceo inferiore al Paleogene (Eocene). Molti ricercatori ritengono che il Limite Cretacico-Terziario K/T, è dovuto all’impatto di un asteroide o di una cometa sulla Terra causando la distruzione di interi ecosistemi e di molti organismi, marini e terrestri e tra questi anche i grandi dinosauri.
La “frana del Vajont” nei pressi di Longarone (Belluno) in Veneto, ha interessato il versante del Monte Toc che si trova in sinistra idrografica del torrente Vajont, affluente del fiume Piave. A causare la frana fu la realizzazione della diga in cemento armato che sbarra il torrente Vajont. Quando il bacino si riempì d’acqua, ci si rese conto che Monte Toc, già noto per l’instabilità dei suoi versanti, presentava nuovi segnali inequivocabili di instabilità. Fu cosi che il 9 ottobre 1963 si mobilitarono circa 300 milioni di m3 di roccia verso il lago, dal versante instabile del Monte Toc, provocando un’ondata che sormontò la diga e circa 40 milioni di m3 di acqua e fango rase al suolo il paese di Longarone e altri paesi situati allo sbocco della valle nella pianura del Piave. L’onda di piena discese il Piave e si esaurì solo a circa ottanta chilometri più̀ a valle. Le vittime del disastro furono duemila”.
Dunque ancora un primato per l’Italia. “La notizia di questo riconoscimento per l’Italia gratifica molto il lavoro svolto dalla SIGEA-APS che a partire dall’organizzazione a Roma nel 1994 del 2° e a Bari nel 2012 del 7° Simposio internazionale sul patrimonio geologico è stata tra le prime associazioni a interessarsi del patrimonio geologico – ha affermato Antonello Fiore, geologo, Presidente Nazionale della Società Italiana Geologia Ambientale – e della geodiversità che caratterizza tutto il territorio italiano. Continueremo nel nostro impegno nel promuovere la conoscenza e la tutela dell’immensa geodiversità italiana con lo spirito più ampio di valorizzazione dei beni geologici per la tutela dell’ambiente e per lo sviluppo socio economico delle popolazioni locali dove questi beni si trovano”.