INCHIESTA 3/5 Menarini Spa, ovvero, storie di pentole e coperchi. Vittorio Civitillo si perde per strada i cinesi di Geely ma ritrova gli avvocati Brancadoro e Maviglia

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L’INCHIESTA di ANTONIO ARRICALE – Il timore che i cinesi del gruppo Geely si siano persi per strada è ogni giorno più forte tra i lavoratori della Menarini spa.

Un timore forte, perché il gruppo industriale cinese non è un nome qualsiasi. Peraltro, in cinese significa anche “di buon auspicio”, cosa che non guasterebbe, visto i tempi che corrono nella Valle industriale dell’Ufita, in provincia di Avellino.

Fondato nel 1986, nel settore automotive il gruppo è attivo fin dall’anno successivo e con grande successo, se è vero che, in pancia si ritrova, con una dozzina di marchi affermati, anche quello di Lynk&Co, Volvo cars e perfino lo storico marchio italiano di moto Benelli, oltre a detenere quasi il 10% di Daimler.

Insomma, dire affidabile è poco. E, però, di Geely, ogni giorno che passa, si sente parlare sempre di meno. Sicché, il trascorrere del tempo alimenta non poche preoccupazioni tra gli operai. Al punto da far chiedere ai sindacati ripetuti incontri chiarificatori presso il Ministero dell’Industria e del Made in Italy.

E questo avviene nonostante Menarini Spa – che ha vinto una gara per la fornitura di 200 mezzi ad Acamir (l’Agenzia Campana di Mobilità Infrastrutture e Reti) aggiudicandosi tre lotti su cinque di un bando complessivo di 305 autobus per un investimento totale di 62 milioni di euro – consegna, come si è detto, i primi 63 autobus. Una nota positiva che dovrebbe aprire il cuore alla speranza. Ma gli operai non se la bevono.

Anche perché, quando il ministro Adolfo Urso arriva per primo a Flumeri – il paesino della Baronia, nella Valle dell’Ufita, che aspira divenire la nuova capitale della mobilità sostenibile – per esaltare il recupero produttivo di un’eccellenza italiana, dei cinesi di Geely sembra essersi persa ogni residua traccia.

Non solo, tra maestranze e i sindacati le preoccupazioni – se possibile – si toccano ancor di più con mano quando, una quindicina di giorni dopo, nella cosiddetta area industriale del cratere (che prende il nome del terremoto del 23 ottobre del 1980) a chiedere dei cinesi continuano ad essere sempre e soltanto i sindacati. Per concludere amaramente, come si è detto, che la messa in scena dalla politica è solo “propaganda”.

Ma non sono queste le sole ombre che si addensano a margine delle cerimonie inaugurali.

C’è, infatti, anche un altro bisbiglio di voci difficile da tenere a freno. In particolare, sono le voci che emergono dalle inchieste giornalistiche, che pur richiamandosi – alla prima apparenza – a vicende e fatti economici e societari diversi, anzi, decisamente lontani dalla scena teatrale di Flumeri, hanno l’aspetto fastidioso di mettere più di una pulce nelle orecchie di chi ascolta.

Voci che portano il grande pubblico – ma soprattutto i dipendenti dell’azienda di autobus – a prendere nota dei nomi di attori che con una certa frequenza, ormai, emergono dalle più disparate storie. Anche se, sarebbe meglio dire: brutte storie di vicende economiche, che infatti – raccontano le cronache – finiscono puntualmente sempre male. Vale a dire, con il fallimento delle aziende e la conseguente perdita di posti di lavoro.

Suscita più di una perplessità, per esempio, che nella vicenda dell’assegnazione di Industria Italiana Autobus, alias Menarini Spa, compaiano gli stessi nomi di professionisti tirati in ballo dall’inchiesta firmata dal giornalista Giorgio Mottola per Report, la famosa trasmissione di Rai 3, a proposito delle traversie economiche che sembrano assillare la ministra del Turismo, Daniela Santanché. La quale, sia detto incidentalmente, è anche lei dello stesso partito del ministro Urso (Fratelli d’Italia).

E, magari, a stimolare altre fantasie (o incubi, dipende dai punti di vista) e voli pindarici – per carità, sono solo supposizioni – sono sempre gli stessi nomi (non tutti, a dire il vero) che si ritrovano nel rileggere cronache economico-giudiziarie su pagine di giornali ingiallite dal tempo. E che nulla hanno a che vedere, magari, tra di loro.

Come quella – per dire – legata al fallimento della Deiulemar Compagnia di Navigazione Spa di Torre del Greco, dichiarata fallita nel 2012 per un crac di 900 milioni di euro. E per la quale, proprio in questi giorni, sembrerebbero in via di definizione le ultime magre pendenze risarcitorie per migliaia di creditori che, a conti fatti, riusciranno a recuperare soltanto l’1% dei risparmi investiti all’epoca. (È appena il caso di notare che agli obbligazionisti è andata appena un po’ meglio, se è vero che a loro è toccato invece il 2% delle somme investite).

Il tutto per dire, insomma, che, a torto considerata il fiore all’occhiello degli armatori torresi, negli anni a cavallo dei Novanta e Duemila, la compagnia di navigazione si rivelò, invece – come per beffa – una scatola vuota.

Ma non divaghiamo.

I nomi che in questi giorni tornano di volta in volta alla ribalta, sono proprio quelli legati – per un motivo o un altro – al Ministro dell’Industria e del Made in Italy.

Nell’ordine, si tratta dell’avvocato Gianluca Brancadoro e dell’avvocato Roberto Maviglia: entrambi fior di professionisti, ovviamente. E comunque legati a vicende, fatti e persone che si alternano in questa storia.

Il primo, rimanda immediatamente allo studio Brancadoro&Mirabile ed è il difensore storico del ministro, oltre che membro autorevole della sua fondazione: Fare Futuro.

Roberto Maviglia, invece, è la punta di diamante dello studio Maviglia&Partners. Esperto di diritto societario, il suo nome compare nel 2012, per meno di un anno, come amministratore unico della Deiulemar Compagnia di Navigazione Spa, di cui si è detto. Nel 2023, per circa due anni, è presidente del consiglio di amministrazione di Illa Spa, fabbrica di pentole – come ha scoperto la trasmissione Report – andata in soccorso della società Visibilia della ministra Daniela Santanché, collega di partito e di governo del titolare del Mimit.

Insomma, i due avvocati sono, in tutta evidenza e per motivi meramente professionali, anche legati alla società Industria Italiana Autobus spa. Vale a dire, all’odierna Menarini Bus Spa. E, dunque, qui toniamo al punto di partenza. Ma ne parleremo nella prossima puntata.

(3. Continua)

In foto da sinistra: Daniela Santanché, Vittorio Civitillo e Adolfo Urso