INCHIESTA 2/5 Menarini Spa, ovvero, storie di pentole e coperchi. Vittorio Civitillo sbaraglia la concorrenza ma la politica è diffidente

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L’INCHIESTA di ANTONIO ARRICALE – A Flumeri, in provincia di Avellino, dove ha sede lo stabilimento della nuova Menarini Spa il clima non è dei migliori. Meteorologia a parte.

A distanza di mesi, infatti, più di un dubbio si insinua tra operai e sindacati. Il promesso rilancio dell’industria stenta a decollare, delle assunzioni non si parla, scomparso dal radar anche il partner cinese, il colosso Geely, più volte annunciato, ma di cui al momento non si intravede nemmeno l’ombra. A differenza della storia che stiamo raccontando, invece, che di ombre ne presenta molte.

Conviene, allora, ripercorrerla daccapo questa storia, fosse anche soltanto per maturare un’idea di come avvengono – spesso – i salvataggi industriali in Italia.

Il 19 giugno dello scorso anno la rivista Autobus Web – giornale del settore della mobilità – scrive: “Ora è ufficiale: il 98% delle quote di Industria Italiana Autobus sono state (s)vendute a Seri Industrial Spa, che diventa sostanzialmente proprietario (quasi) unico del costruttore, con una fabbrica a Bologna e un’altra a Flumeri (Avellino). Il rimanente 2% del capitale sociale rimane nelle mani dello Stato, ovvero della controllata Invitalia. Una partecipazione simbolica: insomma, briciole”.

Seri Industrial Spa è la società quotata in borsa che fa capo alla famiglia Civitillo di Piedimonte Matese, comune dell’alto casertano di cui Vittorio dal 2021 è anche sindaco.

Secondo quanto comunicato ufficialmente dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy guidato da Adolfo Urso la realtà di Vittorio Civitillo e dei fratelli Marco e Andrea – ai vertici di SE.R.I. Spa del Gruppo Seri che controlla a sua volta Seri Industrial Spa oltre ad un grappolo non indifferente di altre sigle societarie – è stata “l’unico soggetto ad avere presentato un’offerta conforme alle previsione del processo di cessione” della fabbrica bolognese di autobus.

Ma il giudizio non è condiviso né dai sindacati, né dai rappresentanti della politica, e non solo quelli campani. Opinioni molto critiche sono, infatti, formulate dagli allora rappresentanti della Regione Emilia Romagna, l’assessore al ramo, Vincenzo Colla e lo stesso presidente Stefano Bonaccini.

La soluzione Seri Industrial non piace nemmeno alla leader del Pd Elly Schlein, oltre che a Carlo Calenda, leader di Azione. E nemmeno alla senatrice Susanna Camusso, commissario del Partito democratico a Caserta, e anche per questo – forse – attaccata dal presidente del Consiglio Regionale della Campania Gennaro Oliviero, che si ritrova invece sulle posizioni del governatore Vincenzo De Luca e contro la segretaria Schlein, dopo aver letto le sue Interrogazione parlamentari.

La scelta del Ministero dell’Industria e del Made in Italy o Mimit (come in forma abbreviata molti amano dire) fa storcere il naso – a dire il vero – anche a diversi esponenti del Movimento 5 Stelle e al parlamentare irpino della stessa maggioranza di governo, Gianfranco Rotondi.

Per tutti, il giudizio sulla scelta di Seri è molto più tranchant: “Non fanno autobus e non danno garanzie per il futuro”.

L’europarlamentare Stefano Bonaccini, che all’epoca siede ancora sulla poltrona di presidente della Regione Emilia Romagna, aggiunge perentorio: “Inaccettabile”. Proprio così, la scelta di Seri Industrial Spa per rilanciare l’azienda di autobus è “inaccettabile”.

Qualcuno potrebbe pensare che siamo, al solito, di fronte ad una battaglia ideologica, del Nord contro il Sud. Insomma, che proprio non vada a genio che a mettere le mani su quella che è stata – fin dagli esordi, più di un secolo fa, nel 1919 – l’industria italiana di autobus più rinomata del Paese, sia stata una famiglia imprenditoriale del Mezzogiorno, anzi, casertana.

Ed in parte, forse, c’è anche questo nei giudizi dei politici bolognesi. Dalla gara, infatti, è stata esclusa la cordata emiliana-romagnola capeggiata da Sitcar (vale a dire, Sira industrie). Ma si tratta di un’interpretazione capziosa, questa, reagiscono in quel di Bologna.

Più semplicemente – ribadiscono – il gruppo Seri non ha le caratteristiche per far reggere nel tempo una struttura come quella di Industria Italiana Autobus, in quanto l’azienda casertana non ha mai prodotto o commercializzato un autobus, ma solo componentistica.

Giudizio, questo, che viene prontamente rintuzzato dai Civitillo i quali, infatti, rilanciano e parlano dell’arrivo di un partner internazionale che è ormai alla porta.

In Menarini Spa – il nome storico il 17 ottobre scorso è tornato a ridefinire il prestigioso marchio dell’azienda bolognese che, però, ora ha la sede sociale a San Potito Sannitico, in provincia di Caserta – viene annunciato l’ingresso di Geely Group, gigante cinese che entrerebbe con una quota del 25%.

Ma, col passare dei mesi, l’arrivo del cavaliere bianco sembra allontanarsi sempre di più.

(2. Continua)

In foto da sinistra: Gianfranco Rotondi, Elly Schlein, Vittorio Civitillo, Stefano Bonaccini e Adolfo Urso