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Imprenditore vittima di attentati temeva Barbato e Buonpane

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TEVEROLA – L’inchiesta sul malaffare a Teverola nasce da un’ indagine della Dda di Napoli in seguito alla denuncia dell’ imprenditore Roberto Vitale, che il 20 novembre del 2019 dichiara agli inquirenti di avere paura perché ha subito due attentati incendiari, il primo nella cappella gentilizia di famiglia al cimitero e il secondo nella sua azienda la Vitale One srl.

Vitale è convinte che c’entri l’appalto ventennale da lui vinto per la pubblica illuminazione a Teverola e che il responsabile degli atti intimidatori sia il sindaco Tommaso Barbato. Una convinzione corroborata dall’ incontro in Comune con Barbato, che lo ha convocato, alla presenza dell’ assessore ai Lavori pubblici Pasquale Buonpane e dell’ architetto De Rosa. I primi due gli dicono che non vogliono problemi per l’assegnazione dell’ appalto per il rifacimento delle principali arterie di Teverola, appalto che deve andare ad una ditta di Parete che non appartiene a “gente perbene”.Vitale si deve fare da parte. Poi ci sarà un nuovo incontro nell’ azienda di Vitale avviene il 22 novembre dopo i due incendi. L’ incontro in cui Barbato e Buonpane ribadiscono che l’ appalto per il rifacimento delle strade devono gestirlo loro viene filmato. L’ imprenditore si rifiuta di sottostare e troverá nel cortile della sua ditta la testa mozzata di un uccello. Vengono sottoposti a intercettazione le utenze di Buonpane e Vitale, mentre Barbato era già sotto intercettazione per un’ altra indagine per la ‘vicenda Chianese’. Dalle registrazioni telefoniche emerge il ruolo di dominus di Biagio Lusini. Secondo la Procura è lui il vero sindaco di Teverola ed emerge che l’ ex primo cittadino è molto interessato ai lavori di rifacimento di via Roma e di via Garibaldi, così viene anche lui intercettato mentre parla con l’ ingegnere Gennaro Pitocchi e con Carlo Verde, titolare della Frecciarossa srl, la società che ha ottenuto l’ appalto che interessa a Lusini. Su Barbato e Vitale è stato sentito il collaboratore di giustizia Giovanni Improda che ha definito Vitale “un infame” perché non pagava i fornitori e neanche il servizio di guardiania nella zona industriale di Carinaro gestito da Lazzaro Barbato.

Giovanni Maria Mascia

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