I Fratelli d’Italia Cangiano e Cerreto rischiano di rimanere da soli al bar

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L’EDITORIALE DI ANTONIO ARRICALE – Con l’approssimarsi delle scadenze elettorali – in questo caso, quella regionale, prevista, ragionevolmente, sul finire del prossimo anno – all’interno dei partiti e tra gli stessi partiti, è cominciato il giro di valzer dei candidati o, più semplicemente, degli aspiranti tale.

Un tempo, in questo frangente, l’attività maggiore delle segreterie politiche sarebbe stata volta ad arruolare energie fresche, intelligenze nuove, professionisti di grido, persone capaci di dare lustro sia al partito che alla lista. Persone da affiancare agli uscenti, evidentemente premiati per l’impegno e la militanza, in una prospettiva di crescita e non, banalmente, semplicemente per confermarne il privilegio dello stato. Altri tempi.  

Oggigiorno, invece, capita che questi mesi vengano utilizzati proprio dagli uscenti per trovarsi non solo un posto in lista, ma soprattutto la probabilità di essere rieletti. Il fenomeno della trasmigrazione – ché di questo si tratta e che un tempo sarebbe stato fortemente biasimato sia dagli addetti ai lavori che dall’opinione pubblica – è diventato prassi. Addirittura normale, in forza di una legge elettorale balorda, che non aiuta certamente né a rafforzare la militanza, né a selezionare la migliore classe dirigente possibile. Ma tant’è.

La contingenza, però, se per un verso ci mette nella condizione di comprendere – non giustificare, beninteso – fenomeni, movimenti e scelte politiche, per l’altro non ci impedisce di riflettere sull’esercizio della leadership all’interno degli attuali partiti politici che occupano la scena. In particolare, di quello arrivato al potere dopo una lunga traversata nel deserto dell’opposizione. Mi riferisco a Fratelli d’Italia.

A parte, su questo giornale, pubblichiamo l’approdo del consigliere regionale Massimo Grimaldi ai lidi della Lega Campania. Socialista autonomista della diaspora, Grimaldi al Centro direzionale di Napoli era arrivato da Caserta prendendosi un passaggio sul convoglio di Forza Italia. Da qui era approdato, infine, sempre sedendo sui banchi dell’opposizione, a Fratelli d’Italia, il partito della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che in Terra di Lavoro è affidata alle cure dei deputati Gimmi Cangiano e Marco Cerreto.

Due giovani politici che, a dispetto dell’età, sembrano essere rimasti ai tempi in cui portavano ancora i pantaloncini corti. Vale a dire, del Movimento sociale Italiano. E che ignorano o hanno dimenticato, evidentemente, che intanto il Paese è passato dalla Prima alla Seconda Repubblica (forse anche alla Terza); che intanto, per il loro partito, c’è stata la svolta di Fiuggi; che ha cambiato nome una prima volta in Alleanza Nazionale e, poi, in Fratelli d’Italia; che dall’emarginazione dell’opposizione è diventato partito di governo.

E come tale dovrebbero aver dovuto imparare a ragionare e a muoversi, senza temere nuovi ingressi ma, anzi, a governare e favorire i processi di crescita. Ora, a me risulta che il duo Cangiano-Cerreto, dopo aver blandito, corteggiato e favorito il passaggio di Grimaldi da Fi a FdI (tutto sommato c’è soltanto una consonante di mezzo) qualche mese fa lo abbiano messo in pista per le elezioni Europee tagliandolo, tuttavia, all’ultimo momento, con i manifesti che il poverino aveva già fatto stampare. Non soddisfatti, inoltre, sempre contro il povero Grimaldi che, intanto, aveva ricevuto un incarico di consulenza dal ministro Raffaele Fitto nell’ambito della gestione della Zes (Zona economica speciale) hanno brigato fino al punto di farglielo revocare.  

E il caso di Grimaldi non sarebbe l’unico in Fratelli d’Italia a Caserta. Ci sono altre testimonianze che indicano lo stesso modo di agire. E che sottintende, evidentemente, una logica utilitaristica che definirei del limone spremuto. Servirsi, cioè, delle persone per massimizzare i risultati del momento contingente e, poi, abbandonarli lungo la strada. Errore gravissimo, in politica. Di questo passo, peraltro, invece di crescere si rischia di rimanere in quattro amici al bar. Anzi, in due.