Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di un cittadino di San Felice a Cancello che elenca e richiama le responsabilità che sono all’origine – a suo dire – della recente frana che ha colpito il comune casertano, uccidendo Agnese Milanese e Giuseppe Guadagnino, mamma e figlio.
Caro direttore, a poco meno di un mese dalla terribile frana che ha squassato il territorio di San Felice a Cancello, il ritrovamento del corpo esanime di Giuseppe Guadagnino (che finalmente trova pace nel ricongiungersi, almeno nello spirito, all’adorata madre) rinnova in tutti noi sentimenti di profondo e indicibile dolore ed emozione. E, però, provoca nel contempo anche un moto di indignazione alle nostre coscienze: perché la tragedia che ha colpito la famiglia Guadagnino non è dovuta ad un destino cinico e baro, né ai mutamenti climatici di cui tanto si parla, spesso a sproposito, in questi ultimi anni, da nord al sud, su tutti i media.
La tragedia, almeno nel caso di San Felice a Cancello e della frazione Talanico, in particolare – ma c’è anche la frazione Cave, che per fortuna è stata, nella circostanza, soltanto attraversata dalla tumultuosa lava di fango e detriti – non era del tutto inattesa. Anzi, poteva e doveva benissimo essere evitata.
La lava, infatti, che dalla frazione collinare precipita rovinosamente a valle, è ormai una costante che si trascina da almeno tre quarti di secolo, ad intervalli di anni più o meno lunghi. Con l’immancabile conta dei danni.
Certo, c’è anche da considerare il fenomeno franoso, che peraltro ha un precedente, nel 1998, quando pure in località Ponti Rossi – la triste ricorrenza è ricordata in concomitanza della frana di Sarno – si dovette pagare il tributo di una vita umana. Insomma, anche per il dissesto idro-geologico si può parlare di un fenomeno non del tutto improbabile o inatteso.
Invocare, dunque, nel caso del recente tragico evento, i mutamenti climatici o anche soltanto il destino cinico e baro non può bastare per mettere a tacere i rimorsi delle nostre coscienze civiche. È per questo, anzi, che avverto il dovere di alzare il velo su una verità che tutti conoscono, pure le pietre, a San Felice a Cancello. E non importa se lo fa un ex concittadino che come me – o come lei, del resto – magari per necessità o semplice opportunità lavorativa è stato costretto a spostare la residenza altrove, se non addirittura emigrare all’estero.
Insomma, voglio dire e ribadire, se responsabilità dirette o indirette per le morti di Agnese e Giuseppe ci sono, esse vanno ricercate non nella furia della natura, ma negli uomini. Ed, in particolare, negli amministratori che nel tempo si sono succeduti alla guida del comune.
A San Felice a Cancello, a partire dai primi anni Sessanta, la classe politica, per la solita manciata di voti, hanno consentito all’interno degli alvei – quello Arena, in particolare – i pilastri delle case. Non solo. Gli alvei, che avevano appunto il compito di regimare le acque, sono stati in molti tratti occlusi, e mai assoggettati – come il buonsenso imporrebbe – ad una periodica e costante pulizia. Qualcuno, più recentemente, ha pensato addirittura di suggerire di modificare in maniera meno restrittiva la cosiddetta zona rossa. E tutti i vizi della cattiva gestione del territorio si sono ritrovati, infine, in un cattivo strumento urbanistico, che l’ufficio tecnico di volta in volta – questo passa sulla bocca della gente – ha interpretato ad uso proprio o del delfino di turno.
Poi sono arrivati gli incendi ad aggravare la situazione: i quali avvengono probabilmente sempre per mano dei soliti (ig)noti e colpiscono le stesse aree.
Per carità, il sindaco Emilio Nuzzo è una persona perbene. E la sua carica umana, al di là del politico, emerge anche nella proposta di dedicare alle due povere vittime della frana una strada: così, almeno, riporta il massimo giornale locale.
Mi permetto di suggerire: abbia il coraggio, il sindaco, di dedicare una strada non alle vittime, ma al “Ricordo del dissesto idrogeologico causato da uno sfrenato clientelismo politico”. A imperitura memoria degli errori del passato. Diversamente, il sacrifico di Agnese Milanese e Giuseppe Guadagnino sarà stato vano.
Grazie dell’ospitalità, direttore, e buon lavoro.
Mario Esposito, Roma