Catello Maresca, sostituto procuratore presso la Direzione Distrettuale Antimafia, ha parlato sul tema delicato dell’ergastolo ostativo ai colleghi di Juorno:
“Sul punto si è espressa la Corte Costituzionale che ha sostanzialmente passato la palla al Parlamento, dando al legislatore il compito di adottare una modalità non più basata sull’automatismo tra la non collaborazione e l’ostatività dell’ergastolo; a mio avviso c’è bisogno di un intervento per rielaborare tutto l’impianto normativo, a maggior ragione è necessario ora poiché certificato dalla Corte Costituzionale. Questa esigenza parte dal fatto che la criminalità organizzata continua a gestire le proprie attività anche all’interno degli istituti penitenziari. Non va messo in discussione il principio di rieducazione della pena, ma bisogna capire dov’è la rieducazione con mafiosi che hanno già dimostrato di non voler essere rieducati. Questo è il principio di rieducazione: ti devi meritare la liberazione anticipata ed è un principio che oggi non può essere applicato in modo automatico. Noi da tempo stiamo cercando di individuare dei percorsi alternativi, dal momento che non possiamo applicare la norma in modo automatico, bisognerà determinare quali sono i criteri su cui si dovrà basare il giudice, che deve decidere se può accedervi anche un soggetto colpito da reati di mafia o particolarmente gravi. Tra questi criteri non escludo il risarcimento del danno provocato, così come la dimostrazione di reinserimento all’interno del circuito penitenziario, con il lavoro o la disponibilità per il recupero degli altri detenuti. Importante anche il pregresso giudiziario del detenuto: persone che hanno ricevuto più ergastoli o che hanno una pesante carriera criminale dovranno essere trattati con maggior rigore. Non è possibile correre il rischio che determinati soggetti tornino in libertà causando gravi reati. Sono anni che denuncio un approccio sbagliato nei confronti del fenomeno mafioso: si tende ad abbassare la guardia quando la criminalità non spara, ma sono i momenti dove in realtà questi gruppi sono ancora più pericolosi. C’è bisogno di coinvolgere risorse sensibilità di tutto il Paese per poter ottenere la rieducazione e la sicurezza pubblica. Mai dare l’impressione di un colpo di spugna in questa lotta. Io credo che l’istituto sotto attacco sia il 41bis e dunque questa è l’occasione per poter analizzare in modo approfondito tutto il sistema, perché anche questo istituto viene criticato. A mio avviso c’è la consapevolezza che i reati di mafia debbano avere un regime differenziato, vista la maggiore pericolosità sociale ed è forse arrivato il momento di farne un riferimento costituzionale, altrimenti questa discussione sarà infinita. Concludo dicendo che questo dovrebbe essere un processo di sensibilizzazione anche in ambito europeo. Partendo, magari, dalla possibilità di fare della lotta alle mafie un baluardo costituzionale”.