ROMA (Michela Suglia) – Potrebbe essere il terzo mandato dei governatori il prossimo tallone d’Achille del centrodestra. Protagonista Luca Zaia, il leghista al timone del Veneto dal 2010 e che punterebbe a un altro quinquennio.
Ma un netto ‘no’ arriva da Luca Ciriani, ministro fedelissimo di Giorgia Meloni e responsabile dei rapporti con il Parlamento. In un’intervista alla Stampa smonta l’ipotesi e respinge la proposta della Lega di un rinvio del voto in Veneto al 2026, rispetto a quest’autunno. Difficile non vedere nella doppia frenata una scelta politica. Il partito di Ciriani, Fratelli d’Italia, non ha mai nascosto mire sul Veneto, dove da tempo ha sorpassato la Lega nei consensi. Da qui una sorta di prelazione che il ministro rivendica: “Mi pare impossibile pensare che non tocchi a noi indicare il nome”, e “non per rivincita o rivalsa, ma per oggettività”. Liquida come “provocazioni” eventuali puntigli dell’alleato e confida nella “discussione tra i leader” per superare l’impasse.
In realtà la battaglia contro il terzo mandato non è una novità per il governo, sostenuta anche da Forza Italia. E ha un precedente in Campania, dove ‘regna’ Vincenzo De Luca del Pd. Nei prossimi giorni, con un ricorso alla Consulta, l’esecutivo potrebbe impugnare la legge campana che autorizzerebbe il terzo giro di De Luca, osteggiato duramente dalla leader dem, Elly Schlein. Nel Veneto la partita è diversa. E rischia di diventare un braccio di ferro con la Lega. Che non ci sta a farsi da parte, con o (più probabilmente) senza Zaia, in una roccaforte del partito.
Ciriani boccia il terzo mandato dicendo che la questione si poteva affrontare in Parlamento “con una proposta di legge, magari da parte della Lega”. Invece dopo un blitz tentato dai leghisti mesi fa per inserirlo in un decreto stoppato dal Parlamento, per l’esponente di FdI “ora è difficile tornare indietro”. E ammonisce: “Trovo che sia poco serio”. Un ragionamento “sbagliato” per i parlamentari più vicini a Matteo Salvini che ribattono: per guidare una regione, contano più di tutto l’esperienza e la maturità di una classe dirigente, sostengono. E qualcuno punzecchia: “Sarebbe curioso che FdI guidasse il Veneto senza avere molti sindaci lì”. Casualmente nel pomeriggio, in una diretta social, è Salvini a ricordare i “500 sindaci” che la Lega può vantare in Italia.
Ciriani chiude la porta pure sul rinvio del voto veneto: “Non capisco su quali basi giuridiche si potrebbe prolungare la vita di un’Assemblea legislativa – spiega – né quali siano le motivazioni di carattere tecnico”. A monte della richiesta della Lega, ufficialmente ci sono le Olimpiadi invernali di Cortina per consentire a Zaia di esserci da protagonista all’accensione della fiaccola (ma per i più critici è solo un modo per prendere tempo, in mancanza di alternative al “doge”).
Altra giustificazione è che il rinvio servirebbe a contenere i costi elettorali, accorpando il voto delle amministrative che slitteranno a inizio 2026 (per non votare a ottobre 2025, non essendo in genere un mese di elezioni) a quello delle regioni in scadenza come il Veneto. Infine, pesa nei rapporti tra alleati il freno a mano che Ciriani tira contro un eventuale rimpasto nel governo e il pressing per un ritorno di Salvini al Viminale: “Squadra che vince non si cambia. Il rimpasto non è all’ordine del giorno”. (Ansa)