L’EDITORIALE DI ANTONIO ARRICALE – La vicenda della Provincia di Caserta mi ricorda un po’ la storia della secchia rapita. Non la ricordate? Ve la rammento.
Raccontata in versi da Alessandro Tassoni, è la storia del conflitto tra bolognesi e modenesi. Questi ultimi, costretti in ritirata, si fermarono ad un pozzo per dissetarsi portando via, come trofeo di guerra, una secchia di legno. E al rifiuto di riconsegnare la secchia, i bolognesi dichiararono loro di fargliela pagare. Superfluo raccontarvi come finisce la storia, dal momento che il poema – per stessa ammissione del Tassoni – è eroicomico. Soltanto che, nella vicenda della Provincia di Caserta c’è poco di eroico e molto di comico.
L’antefatto della vicenda – in dettaglio – ve lo racconta la collega Rita Sparago in un articolo a parte.
Per intanto, velocemente, vi basti sapere che ci sono due consiglieri provinciali – un tempo, peraltro, della stessa maggioranza politica – che si contendono la presidenza dell’ente di via Lubich. Una presidenza fittizia, a dire il vero, nel senso che – sia Marcello De Rosa, attuale “facente funzione”, ma defenestrato all’ultimo momento dall’allora presidente Giorgio Magliocca e reinsediato, su ricorso in autotutela, momentaneamente dal Tar a quel posto; e sia Gaetano Di Monaco, investito del ruolo f.f. probabilmente non del tutto legittimamente sempre dal Magliocca, per fare un dispetto politico a De Rosa, e contro il quale, ora, sempre in autotutela chiede l’intervento del Consiglio di Stato per ripristinare lo status quo ante – l’uno o l’altro avrebbero dovuto indossare la fascia azzurra di presidente per non più un mese, giusto il tempo di indire nuove elezioni. Questo, almeno secondo lo statuto della Provincia di Caserta. E, comunque, al massimo di 90 giorni, secondo il combinato disposto della Legge Del Rio e del Testo Unico degli Enti Locali.
Invece, per come sta prendendo la piega, probabilmente con la reggenza temporanea dell’ente si arriverà fino alle elezioni regionali. Insomma, a fine anno.
L’esame nel merito del ricorso di De Rosa è fissato, infatti, per il prossimo 16 aprile. Sulla richiesta in autotutela di Di Monaco, invece, dovremmo poterne saperne di più già nei prossimi giorni. In entrambi i casi, al punto cui sono giunte le cose, prevedere il riappello dell’uno o dell’altro – e, dunque, il protrarsi della vicenda – non è idea peregrina.
Ed è tutto qui il senso della partita che si sta giocando nei retrobottega della politica casertana – indipendentemente dai consiglieri provinciali direttamente coinvolti nella vicenda, cui pure questo clima di incertezza alla fin fine non dispiace affatto – in barba alla normativa vigente e grazie ai bizantinismi interpretativi che il sistema italiano consente. E, soprattutto, nel silenzio assordante degli organi tutori, cui pure spetterebbe fare da arbitro o garante in contesti del genere. Non fosse altro per evitare di attivare non dico impropriamente, ma per ragioni di opportunità, gli organi giurisdizionali.
Ovviamente, questo significa che entrambi i consiglieri provinciali hanno in animo di candidarsi alle regionali. Ed entrambi potrebbero farlo, per come si sono messe le cose, in schieramenti diversi da quello di partenza: il primo passando da sinistra a destra; il secondo, facendo il percorso all’incontrario. Ma tutto questo poco importa, ormai. Così come del tutto ininfluente appare, in questa storia, che la posta in gioco sia una secchia di legno. Ma non è così. L’obiettivo vero non è restare presidente della Provincia, semmai arrivare alla Regione.
In foto da sinistra: Marcello De Rosa, Alessandro Tassoni, Gaetano di Monaco, la sede della Provincia di Caserta e Giorgio Magliocca