ROMA – di Anna Laura Bussa – La riforma costituzionale sull’elezione diretta del presidente della Regione del 1999, configura la legislazione elettorale regionale come “materia concorrente”. Tradotto: lo Stato stabilisce i principi e le Regioni vi aggiungono i particolari. Se lo Stato, quindi, nello scrivere la legge, avesse messo la questione del tetto ai mandati per i presidenti, come principio generico, ogni Regione avrebbe potuto prevedere il suo. Ma nel 2004, quando, con il governo di centrodestra, ci fu l’approvazione effettiva della legge sui principi di quella materia, si decise di copiare direttamente la normativa che regolava l’elezione diretta del sindaco. E questa prevedeva il tetto dei due mandati.
Tutti, all’epoca, conferma anche il costituzionalista Stefano Ceccanti, furono d’accordo perché il ragionamento fu il seguente: “se si prevede un limite per i mandati del primo cittadino perché non prevederlo anche per chi governa la Regione visto che ha molto più potere?”. In questo modo si scrisse “un principio secco”, non generico, che è di fatto “auto-applicativo”. Cioè entra in vigore dal 2004 per tutte le Regioni ordinarie che prevedano l’elezione diretta, ossia tutte, visto che nessuna ha fatto una scelta diversa in deroga. E il principio è stato ritenuto talmente valido che è stato persino inserito nella proposta di riforma del Premierato.
Analizzando, ora, la situazione attuale, i margini per aggirare questo “principio secco” della legge sembrano davvero molto esigui. Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che vorrebbe ricandidarsi di nuovo, sostiene, con una nuova normativa regionale, che la “conta dei due mandati” comincerebbe da quando la Regione recepisce la legge. E cioè da ora. Ma questa storia del “recepimento”, anche a detta di molti costituzionalisti, non reggerebbe visto che il principio essendo secco è entrato immediatamente in vigore senza che si debba recepire e il divieto di un terzo mandato consecutivo è direttamente auto applicativo. L’obiezione avrebbe avuto un senso, osservano, se avessero scritto la legge “a maglie larghe”, cioè parlando in modo generico di tetto ai mandati. Ma così non è stato.
Il Governo ha così presentato ricorso contro la legge regionale della Campania confidando in una sentenza favorevole della Corte Costituzionale. La scelta di uscire dal partito di appartenenza per candidarsi autonomamente, come annunciato da De Luca e tra le opzioni del numero uno del Veneto, Luca Zaia, anche lui colpito dal divieto, non risolverebbe comunque il problema. Il divieto del terzo mandato infatti ricade sulla persona e non sul partito. E anche se si presentassero alle prossime elezioni con liste autonome o per conto di forze politiche diverse dalle attuali, il discorso non cambierebbe. La legge, assicura ancora Ceccanti, “parla molto chiaro”.
La speranza di De Luca e Zaia potrebbe essere quella di una pronuncia a loro favore da parte della Consulta, ma si tratta di “un periodo ipotetico dell’irrealtà”, si osserva, perché questo creerebbe un precedente pericoloso visto che metterebbe a rischio varie leggi di principio che regolano le Regioni. (Ansa).