“Se l’obiettivo è quello a lungo termine di bloccare la trasmissione e continuare ad avere una vita come questa senza le preoccupazioni che ha in questo momento la Gran Bretagna, è chiaro che” la terza dose “va fatta a tutti” – resta fermo sulle sue posizioni Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Microbiologia dell’Università di Padova.
“C’è un’indicazione di opportunità e un’indicazione generale di sanità pubblica – ha affermato Crisanti – L’indicazione di opportunità è che sappiamo che la protezione dopo 6 mesi scende in modo significativo, quindi tutte le persone vulnerabili e il personale sanitario dovrebbero farla il prima possibile. Poi c’è un’esigenza di sanità pubblica perché la maggior parte delle persone dopo 6 mesi dalla seconda dose diventa molto più suscettibile a trasmettere la malattia e in alcuni casi anche ad ammalarsi quindi la terza dose deve essere contemplata come un vero e proprio programma di sanità pubblica a lungo termine”.