Sono stati 71 i trapianti realizzati in Italia utilizzando gli organi di 49 donatori positivi al Covid. È il bilancio, aggiornato all’ultimo giorno dello stato di emergenza per la pandemia, del protocollo del Centro nazionale trapianti che consente di effettuare trapianti di organi provenienti da donatori risultati positivi al coronavirus e deceduti per altre cause, su riceventi positivi al momento del trapianto o già immunizzati per malattia pregressa o per vaccinazione.
Il programma sperimentale italiano è attivo dal novembre 2020 ed è stato il primo al mondo a consentire l’utilizzo di queste donazioni. Inizialmente limitato agli organi salvavita come cuore e fegato, il protocollo è stato poi esteso ai reni, e ha consentito complessivamente 5 trapianti di cuore, 45 di fegato intero, 5 di porzione di fegato, 14 trapianti di rene singolo e 2 di rene doppio.
“Quanto 15 mesi fa decidemmo di partire con questo protocollo non c’erano precedenti a livello internazionale, ma la sperimentazione ci ha dato ragione”, spiega il direttore del Cnt, il dottor Massimo Cardillo. “Questi trapianti sono stati eseguiti in totale sicurezza, sono stati tutti coronati da successo e non abbiamo avuto nemmeno un caso di trasmissione della malattia. Si tratta di un primato della Rete trapiantologica italiana che è stato riconosciuto anche dalla comunità scientifica internazionale, dato che il protocollo è stato pubblicato sul prestigioso American Journal of Transplantation, e questo ha spinto tanti altri paesi a seguire l’esempio dell’Italia”.
La conclusione dello stato d’emergenza Covid-19 non comporterà cambiamenti rispetto all’attività di donazione e trapianto: tutte le misure di sorveglianza infettivologica per il coronavirus resteranno attive e continuerà anche l’attività di monitoraggio sull’efficacia dei vaccini nelle persone trapiantate. Secondo l’ultimo aggiornamento effettuato grazie alla collaborazione del Centro nazionale trapianti con il sistema di sorveglianza integrata dell’ISS, i dati dimostrano che un paziente trapiantato non vaccinato ha un rischio 4 volte superiore di infettarsi con il SARS-CoV-2 rispetto a un trapiantato vaccinato con 3 dosi, e un rischio di letalità a 30 giorni più che doppio. “A dicembre 2021, l’84% dei pazienti trapiantati risultava vaccinato e più del 70% aveva ricevuto la terza dose – conclude Cardillo – e alla luce dei dati sull’efficacia, è importante che prosegua con ritmo serrato la campagna vaccinale in questi pazienti fragili, con la somministrazione della quarta dose”.