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Corruzione al Comune di Teverola: 8 misure cautelari. Ai domiciliari politici, imprenditori e tecnici. IL VIDEO

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TEVEROLA – Sono scattate stamattina le otto misure cautelari per l’inchiesta sulla presunta corruzione all’ufficio tecnico di Teverola relativa alla lottizzazione Schiavone. I carabinieri hanno dato esecuzione ai provvedimenti firmati dal gip Daniele Grunieri su richiesta della Procura di Napoli Nord.

Agli arresti domiciliari i due ex sindaci Biagio Lusini e Tommaso Barbato (quest’ultimo vice-sindaco fino ad inizio ottobre nell’attuale amministrazione del primo cittadino Gennaro Caserta). Domiciliari anche per il tecnico Gennaro Pitocchi e l’ex capogruppo in consiglio comunale Pasquale De Floris. Divieto di dimora nel comune di Teverola per Pasquale Buonpane, per l’imprenditore Angelo Morra, Alessandro Pisani e Teresa La Palomenta (moglie di Pitocchi).

L’inchiesta sulla cosiddetta lottizzazione Schiavone ipotizza una gestione favorevole verso alcuni costruttori grazie alle decisioni dell’Ufficio tecnico, in accordo con i politici. Proprio a seguito delle indagini, molti dei coinvolti, si sono dimessi dai rispettivi incarichi. L’ex sindaco Tommaso Barbato si è dimesso dal consiglio comunale, così come ha fatto De Floris, Buonpane e l’assessore Pezzella.

Nell’indagine dei sostituti Cesare Sirignano e Patrizia Dongiacomo figurano anche altri sette indagati, tra cui l’ex assessore comunale Biagio Pezzella, che ad inizio ottobre, quando si seppe dell’indagine, si dimise dalla carica in giunta ma non da quella di consigliere comunale, il responsabile dell’area finanziaria del Comune Massimiliano Schiavone, Davide Vargas, ex dirigente dell’Urbanistica di Teverola, e il costruttore Giovanni Miniero.
I fatti riguardano la gestione dell’Ufficio tecnico del Comune di Teverola e i permessi a costruire rilasciati per la realizzazione del Parco Iris, un complesso residenziale sottoposto a sequestro giudiziario insieme ad un altro immobile realizzato in via Fratelli Bandiera.

Ruolo chiave dell’inchiesta è quello dell’ex sindaco Lusini, ritenuto il mediatore tra amministratori, imprenditori e tecnici. Per gli inquirenti è Lusini che, anche durante il mandato da sindaco di Barbato – primo cittadino tra il 2019 e il 2023 – contro il quale si era candidato alle elezioni del 2019, dettava la linea; e così all’Ufficio tecnico, secondo l’accusa, dovevano esserci solo dirigenti pronti a esaudire le richieste sue e degli imprenditori edili che volevano realizzare gli immobili poi da vendere. Dalle indagini è emersa la consegna da Lusini all’ex indaco Barbato di diverse somme di denaro che Lusini aveva ricevuto dai costruttori finiti sotto indagine.

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