Il deterioramento del clima di fiducia delle famiglie e delle imprese nel mese di marzo era prevedibile, ma non con l’intensità con cui si è manifestato. Per i consumatori, si tratta di un’erosione totale del miglioramento del sentiment faticosamente conquistato dopo la fase peggiore della pandemia.
Legato ad attese di peggioramento dell’occupazione e dell’inflazione e di conseguenza della situazione personale e delle possibilità di risparmio, questo brusco ridimensionamento produrrà inevitabilmente un’ulteriore frenata nel processo di recupero del livello dei consumi. Tale tendenza potrebbe coinvolgere in misura più significativa i beni durevoli e più in generale gli acquisti di beni e servizi considerati meno necessari, in perfetta coerenza con i riflessi della crescita dei costi delle spese obbligate.
Più contenuto, ma non meno preoccupante, è il calo della fiducia delle imprese, su cui pesa, in modo più diretto, l’evoluzione del quadro internazionale.
In questo contesto vi sono anche segnali positivi come la ripresa della fiducia degli operatori turistici, legata al venir meno di molte restrizioni. Anche in questo caso i prossimi mesi rappresentano un test per verificare se l’inversione di tendenza ha basi solide o si esaurirà rapidamente.
Questo il commento dell’Ufficio Studi di Confcommercio ai dati diffusi oggi dall’Istat sulla fiducia di famiglie e imprese a marzo.