NAPOLI – Arrestato luogotenente dei carabinieri insieme ad altre tre persone ritenute legate alla camorra locale, sarebbe stato a disposizione del clan della 167 di Arzano in cambio di mazzette e di altri benefit.
Si tratta di persone, considerate dagli investigatori ai vertici del clan, che gli versavano un mensile e altre regalie affinché, tra l’altro, rivelasse segreti d’ufficio su indagini come, per esempio, l’imminenza delle notifiche delle misure cautelari e agevolare così la fuga degli indagati.
Secondo quanto emerso dall’inchiesta della Dda di Napoli al militare venivano versati un migliaio di euro al mese, periodicamente somme di denaro tra 2mila e 3mila euro, e favori come interventi di manutenzione e di carrozzeria per le sue auto e per quelle dei suoi familiari.
Tra le contestazioni anche false relazioni di buona condotta per il boss, quando era sotto sorveglianza speciale, la mancata notifica delle misure cautelari e precautelari e anche il favoreggiamento della fuga e della latitanza per i suoi “benefattori”. Infine il carabiniere è anche accusato di avere informato coloro che lo tenevano a libro paga del posizionamento e della presenza delle telecamere installate dalla polizia giudiziaria per tenere sotto controllo i movimenti e gli affari della camorra.
Il gip Carla Sarno ha emesso una misura cautelare in carcere per quattro dei sei indagati tra cui figurano il sottufficiale dei carabinieri e tre delle cinque persone ritenute tra elementi di vertice e spicco del clan, alcuni dei quali sono collaboratori di giustizia. Le vicende finite sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti vanno dal 2015 al 2023. Agli indagati vengono contestati i reati di corruzione continuata in concorso aggravata dall’avere favorito una organizzazione malavitosa