L’Editoriale di Antonio Arricale – Ci sarà pure un giudice a Berlino? Parafrasando la celebre frase, vien da chiedere: ma ci sarà pure un giudice a Salerno, a Santa Maria Capua Vetere, a Napoli?
Invero, erroneamente attribuita al drammaturgo Bertold Brecht, la frase – è storicamente provato – è completamente inventata. Di contro, è tutt’altro che falso, invece, il racconto del mugnaio e il suo re, nel cui contesto la frase è inserita. Vale a dire, del tapino che spera nella giustizia per potersi difendere dalle angherie subite dal potere costituito. E, dunque, tutto sommato, è una felice dichiarazione di ottimismo.
Calati nella realtà cruda di questi giorni, dunque, la frase e l’aneddoto potrebbero benissimo stare sulla bocca dei cittadini comuni, delle persone perbene, degli imprenditori onesti. E non solo qui in Campania. Insomma, della gente che – nonostante tutto – questo dannato paese lo fa camminare. Si tratta di gente che non ne può più, che è stanca di soggiacere ai soprusi quotidiani compiuti da un ceto politico e burocratico a dir poco scarso, ma non per questo meno arrogante e diffusamente disonesto. Anzi.
Un ceto che ha fatto della politica il principale mestiere e del malaffare la propria ragion di vita. Una classe cosiddetta dirigente, che non perde occasione per calpestare i più elementari diritti dei cittadini, mortificare le legittime aspirazioni delle persone, annientare il merito dei singoli (soprattutto se giovani) a meno che – diritti, aspirazioni e merito – non diventino merce di scambio: in cambio del voto, della mazzetta, di una gita in barca, finanche di una prestazione sessuale.
I particolari delle vicende giudiziarie di questi giorni – dagli arresti del presidente della Provincia di Salerno, Franco Alfieri, agli amministratori di alcuni comuni della provincia di Caserta e della provincia di Napoli, all’inchiesta che coinvolge il consigliere regionale Giovanni Zannini – non sono fatti sporadici, purtroppo. Né sono di oggi.
Così come non sono di oggi, le numerose segnalazioni, gli esposti, le denunce che quotidianamente sono arrivate agli uffici delle procure, lasciate però negli anni a impolverare in una pila altissima di cartelline ingiallite. Con il risultato, peraltro, assai fastidioso, di restituirci l’immagine di una classe politica e affaristica intoccabile. Perché, anche di questo, da tempo, si parla: di una commistione tra politica e magistratura, sottolineata da incontri commensali, assunzioni di parenti, raccomandazioni e via dicendo. Tutti elementi che hanno rischiato di portare al livello zero il sentimento di fiducia della gente nella magistratura e, più in generale, nelle istituzioni.
E, però, c’è un giudice a Berlino, diremo col mugnaio di Brecht.
A un certo punto, infatti, la macchina della magistratura – dopo anni di sonno – s’è rimessa in moto. E non può essere stato un caso. Il cambio del vento, infatti, ha coinciso con l’arrivo di Giuseppe Borrelli a capo della procura di Salerno, di Pierpaolo Bruni a Santa Maria Capua Vetere e, soprattutto, di Nicola Gratteri alla procura di Napoli. Ed è proprio quest’ultimo, ci risulta, che ha infittito un confronto pressoché quotidiano con gli altri due colleghi, a rappresentare il punto di svolta.
Ma sì, a Berlino un giudice c’è. Anzi, più di uno.