Novità di rilievo emersa dalla prima udienza del processo, fissato nelle forme del giudizio immediato dopo la richiesta del pm Giulio Barbato, a carico delle cinque persone di Benevento arrestate il 14 gennaio nell’inchiesta antiusura (contestate anche l’estorsione e la tentata estorsione) condotta dalla squadra mobile e dalla guardia di finanza. Gli indagati (Vincenzo Collarile, 62 anni, Pasqualino Parrella, 42 anni, Armando Piscopo, 45 anni, Ivano Nizza, 47 anni, e Cosimo Parrella, 46 anni), erano finiti nel carcere di contrada Capodimonte, che avevano lasciato dopo diciannove giorni: il 2 febbraio, infatti, il Riesame aveva attenuato la misura a loro carico, disponendo i domiciliari.
Nel mirino degli inquirenti, come è noto, le ‘attenzioni’ che sarebbero state riservate al titolare di un agriturismo che aveva denunciato di aver subito minacce di morte e intimidazioni, e di essere stato costretto a sborsare interessi ritenuti usurari sulle somme avute in prestito per l’impossibilità, dovuta ad un protesto, di accedere al credito bancario.
Nell’indagine, scandita anche dalla richiesta di sequestro dei beni di Piscopo, alla quale avevano detto no sia il gip Palmieri, sia il Riesame sono coinvolte altre dieci persone, per favoreggiamento.