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Nel 2020 aumentano i Centri antiviolenza (350; +2,9% sul 2019) e le Case rifugio (366; +24,5%)

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Nel 2020 è cresciuta l’offerta di servizi sia dei Centri antiviolenza (CAV) sia delle Case rifugio per le donne maltrattate. In particolare sono state aperte 12 nuove Case e 11 Centri antiviolenza. Persistono, tuttavia, forti differenze territoriali: al Nord si concentra la quota maggiore di Case rifugio (70,2%, 257 in valore assoluto) e il 41,7% dei Centri antiviolenza (146).

È elevata la specializzazione dei gestori e promotori di Case rifugio e Centri antiviolenza sul tema della violenza di genere, di cui si occupano da molti anni; la gestione del CAV da parte di chi li conduce è stabile nel tempo; le operatrici sono altamente formate.

Le Case rifugio sia i Centri antiviolenza sono raggiungibili h24 nella gran parte dei casi: l’85,5% delle Case rifugio (87,5% nel 2019) e il 71,9% dei Centri antiviolenza (come nel 2019). La maggioranza delle Case (83,5%) e tutti i Centri hanno almeno un locale idoneo a garantire lo svolgimento delle attività nel rispetto della privacy delle utenti.

Le misure per garantire la sicurezza delle donne ospiti caratterizzano la natura delle Case rifugio: l’88,0% è a indirizzo segreto e molte di queste prevedono altri sistemi di sicurezza per proteggere le donne ospiti rispetto agli autori della violenza.

L’81,8% delle Case rifugio e il 92% dei CAV ricevono fondi pubblici per la conduzione delle proprie attività. In particolare, il 59,1% delle Case e il 42,2% dei CAV utilizzano esclusivamente fondi pubblici, ma molte operatrici dei CAV operano come volontarie.

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