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Bari, Operazione ‘BlackTop’ contro il traffico di rifiuti

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Nelle prime ore della mattinata del 24 febbraio 2022, i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Bari, al termine di complesse e articolate indagini, condotte nell’ambito dell’attività di contrasto agli illeciti in materia ambientale, davano esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare (due agli arresti domiciliari ed un obbligo di dimora) nei confronti di tre imprenditori del foggiano, nonché il sequestro dei due impianti per il trattamento di rifiuti, ad essi riconducibili, siti in Lucera e Modugno. Si tratta di un accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa.

L’attività investigativa, convenzionalmente denominata “BLACKTOP”, ha avuto inizio a settembre 2019 con il sequestro di due aree agricole a Cerignola e ha permesso di acquisire gravi indizi sullo svolgimento di un’attività di traffico illecito di rifiuti speciali che ha interessato le province di Foggia, Bat, Bari e Brindisi.

Secondo l’impostazione accusatoria, le indagini espletate, anche attraverso intercettazioni, avrebbero evidenziato una continuativa attività di traffico di rifiuti, costituiti da circa 120.000 tonnellate di “fresato d’asfalto”, proveniente dai cantieri per il rifacimento del fondo stradale di circa 450 km di Strade in Puglia che sarebbero stati, secondo l’impostazione accusatoria, smaltiti illecitamente in località ignote o su fondi agricoli di proprietari compiacenti, senza aver ricevuto alcun trattamento che potesse consentire il riutilizzo dello specifico rifiuto, quale “conglomerato bituminoso” utile per asfaltare  o, in alternativa, una volta “inertizzato”, quale materiale da riempimento, utile in campo edilizio o per attività di ripristino ambientale.

Fatte salve le ulteriori valutazioni nelle fasi successive, con il contributo della difesa, il compendio indiziario avrebbe accertato per gli indagati un risparmio sui costi, mai sostenuti, per il trattamento e il successivo smaltimento dei rifiuti, quantificabile in circa 1.200.000 euro.

In effetti, secondo l’impostazione accusatoria, che andrà verificata nel contraddittorio delle parti, il fresato veniva, di fatto, caricato presso i cantieri stradali su automezzi in uso alla società assegnataria dell’appalto e smaltito illecitamente. Da quanto emerge indiziariamente, i documenti di trasporto sarebbero stati sistematicamente falsificati, consentendo una trasformazione cartolare del rifiuto “fresato d’asfalto”, che avrebbe dovuto prendere la via della discarica, in “materiale inerte secondario”.

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