Il direttore della Dia spiega l’evoluzione delle mafie e l’impegno nell’attività di prevenzione a fianco dei prefetti
«La mafia non è chiusa nel passato ma è un problema attuale, anche se oggi non mette più le bombe: ha solo cambiato volto, ha messo da parte i kalashnikov e le lupare e ha preso in mano le aziende». È il concetto sottolineato dal direttore della Direzione investigativa antimafia, Maurizio Vallone, da ieri a Bari per le celebrazioni del trentennale della Dia.
«Le nuove generazioni dei clan – spiega il direttore – studiano al Nord Italia se non all’estero: a Boston, Londra, New York e ora anche in Estremo Oriente. Hanno padronanza delle tecnologie, conoscono le lingue, sono proiettate verso nuove frontiere del riciclaggio. Gli investimenti oggi si fanno in monete elettroniche, neanche più i bitcoin, per esempio. Quindi anche il contrasto richiede una grande specializzazione e la capacità di stare al passo, ma noi lo facciamo».
La recente operazione Levante ha dimostrato che in Puglia c’è una criminalità imprenditrice. «La vulgata vuole che la criminalità pugliese sia quella degli assalti ai tir e delle sparatorie – spiega Vallone – ma questo avviene a livello basso. I livelli alti non hanno nulla da invidiare alle altre mafie in quanto a capacità imprenditoriali e al rapporto con le organizzazioni stranieri, albanesi in primis che li considerano i loro broker».
Per quanto riguarda il Pnrr, aggiunge il direttore della Dia, «C’è un’attività di prevenzione che stiamo svolgendo a fianco dei prefetti, ai quali il Governo ha dato più poteri per interdire ditte odore mafia dai fondi».