Crescono le tredicesime complessive destinate a consumi:32,6 miliardi nel 2021 (29,7 mld nel 2020). Per i regali di Natale si spenderanno circa 160 euro a testa sostanzialmente in linea con lo scorso anno. Pil +6,2% in 2021, ma +4% in 2022 per aumento prezzi
Dicembre si conferma il mese più importante dell’anno per i consumi (quest’anno circa 110 miliardi di euro di spesa complessiva, 10 in meno rispetto al 2019), ma il clima di fiducia delle famiglie in calo, la forte ripresa dell’inflazione e i rincari delle bollette rischiano di ridurre la quota di tredicesima tradizionalmente destinata agli acquisti nel mese di dicembre. Considerando anche i consumi di chi non beneficia di questo emolumento, cioè l’area del lavoro autonomo, complessivamente la spesa media per famiglia a dicembre si attesta a 1.645 euro, lo 0,5% in più rispetto all’anno scorso, ma ancora molto al di sotto rispetto al 2019 (-7,5%). Questi, in sintesi, i principali risultati dell’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio su tredicesime e consumi di dicembre.
Consumi e inflazione
Per il mese di dicembre si stima un valore di circa 110 miliardi di euro di spese per consumi (inclusi affitti, utenze, servizi, ecc.) valore inferiore di circa 10 miliardi a quanto speso nel 2019.
Per le sole spese commercializzabili (beni e servizi) cioè alimentari, abbigliamento, mobili, elettrodomestici bianchi e bruni, computer, cellulari e comunicazioni, libri, ricreazione, spettacoli e cultura, giocattoli e cura del sé, alberghi, bar e ristoranti, la stima è di 76 miliardi (fig. 1). Nel 2020, questa spesa, fortemente correlata al benessere economico delle famiglie, era scesa a circa 66 miliardi di euro correnti.
Fig. 1 – La stagionalità dei beni e servizi commercializzabili
miliardi di euro correnti
Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio (USC) su dati Istat.
Dall’andamento dei consumi commercializzabili nel triennio (fig. 1) si vede come il mese di dicembre, anche nel 2020, anno caratterizzato da un periodo festivo connotato da molte limitazioni, abbia rappresentato il periodo più importante dal punto di vista dei consumi.
Le stime effettuate per il 2021 non considerano improvvisi deterioramenti del quadro pandemico.
Al di là della situazione sanitaria qualche spunto di preoccupazione emerge dal versante economico.
A novembre, il clima di fiducia delle famiglie, pur attestandosi a livelli storicamente elevati, ha ripiegato per il secondo mese consecutivo. Questa situazione, se confermata nei prossimi mesi, rischia di avere ripercussioni nella parte iniziale del 2022 oltre che comprimere, seppure marginalmente, le spese di dicembre e per i regali di Natale.
Il deterioramento è correlato in buona parte al riemergere dell’inflazione la quale, per la parte inattesa, cioè quella eccedente l’1,5%-2%, potrebbe comprimere il potere d’acquisto delle famiglie, riverberandosi principalmente in una contrazione degli acquisti di beni e servizi commercializzabili. Infatti, la ripresa dell’inflazione sta colpendo in prevalenza e almeno per adesso, quei beni e servizi a cui le famiglie non possono rinunciare, cioè i cosiddetti consumi obbligati.
Nell’arco di dodici mesi si è passati da un contesto di deflazione a una variazione dei prezzi al consumo superiore al 3% (3,8% a novembre 2021). Il nuovo scenario non ha intaccato orientamenti e propensioni delle famiglie fino a modificarne i comportamenti, ma il suo protrarsi non potrà non incidere sulle scelte di consumo.
Il conto delle tredicesime
La stima di questo tradizionale reddito aggiuntivo nell’ultimo mese dell’anno, prende le mosse dai dati di contabilità nazionale periodicamente diffusi dall’ISTAT e da quelli delle diverse gestioni pensionistiche dell’INPS.
Secondo la metrica adottata, partendo dalle retribuzioni lorde dei lavoratori dipendenti e dalle prestazioni pensionistiche lorde di dipendenti privati e pubblici e sottraendo il prelievo contributivo e tributario per i dipendenti (circa 12,3 miliardi di euro) e solo tributario per i pensionati (circa 5,3 miliardi di euro), l’ammontare complessivo delle tredicesime nette si attesta sui 43,8 miliardi di euro (tab. 1).
Tra lavoratori dipendenti (circa 19,3 milioni) e pensionati (poco più di 16 milioni) il numero dei beneficiari nel complesso sfiora i 35,4 milioni che equivalgono, se si assume la posizione professionale come condizione della persona di riferimento (la figura del capofamiglia nel linguaggio comune), a circa 19,5 milioni di famiglie che ricevono questa retribuzione aggiuntiva.
Dall’importo netto del 2021, i 43,8 miliardi della tabella 1, una volta sottratti gli accantonamenti per far fronte alle scadenze di dicembre legate al saldo IMU-Tasi e alla tassa di proprietà dell’auto, occorre detrarre un’ulteriore quota corrispondente alla propensione al risparmio, che si attesta, nella media dell’anno in corso, al 12,7%.
Tab. 1 – L’andamento nel tempo delle tredicesime
Fonte: elaborazioni USC su dati ISTAT e INPS.
Si tratta di una percentuale ancora molto elevata, seppure inferiore a quella del 2020, forzata a raggiungere, a causa delle restrizioni del lockdown in termini di libertà di movimento e di blocco di buona parte delle attività economiche dei servizi, il livello quasi record del 15,6%, considerando che per trovare un dato superiore di circa un punto, occorre risalire al 1997.
Le famiglie, dunque, mantengono anche nel 2021 un atteggiamento ispirato alla prudenza in merito alle intenzioni di acquisto, in conseguenza del protrarsi dell’emergenza indotta dalla pandemia da SARS-CoV-2.
Al termine dei passaggi contabili sopra descritti, si perviene all’ammontare delle tredicesime destinate a consumi, i 32,6 miliardi della tabella 1.
L’incremento nominale dei costi delle bollette varrebbe 4,5 miliardi di euro per tutte le famiglie italiane. Considerando il sostegno pubblico pari a 1,9 miliardi per le famiglie e a 1,1 miliardi di euro circa per le imprese, il costo netto aggiuntivo per i lavoratori dipendenti e pensionati risulterebbe pari a 1,97 miliardi cui si sommano 310 milioni di euro di maggiori oneri per le famiglie di autonomi.
Infine, bisogna considerare che per la ricorrenza delle festività natalizie, è ragionevole ipotizzare che anche i lavoratori indipendenti (imprenditori, liberi professionisti e lavoratori autonomi), pur non beneficiando delle tredicesima, destinino una quota di reddito agli acquisti natalizi, che stimiamo per il 2021 intorno ai 6,8 miliardi di euro, cui vanno dedotti i maggiori oneri netti derivanti dai costi delle bollette energetiche. Calcolando, quindi, la spesa media per famiglia nel mese di dicembre per un numero di famiglie che, oltre ai dipendenti e ai pensionati, comprenda i circa 3,1 milioni di quelle che hanno un lavoratore indipendente come persona di riferimento, e valutandola a prezzi costanti del 2021, si perviene a una spesa media per i consumi di dicembre derivante dalle sole tredicesime, effettive e teoriche, di 1.645 euro, in crescita dello 0,5% rispetto al 2020, ma ancora inferiore del 7,5% rispetto al 2019 (rispetto a due anni fa mancherebbero ancora 134 euro a prezzi costanti per famiglia).
La modesta variazione positiva è compressa dal costo netto aggiuntivo delle bollette che, nonostante l’importante sostegno pubblico, complessivamente peserebbe per circa 2,3 miliardi di euro per le famiglie di lavoratori dipendenti, pensionati e autonomi. Considerando nel complesso le spese normali, quelle obbligate e le spese sostenute dalle tredicesime mensilità, il volume dei consumi crescerà anche nella parte finale dell’anno, pur non raggiungendo ancora i livelli pre-crisi. La questione dei consumi, insomma, non sembra ancora essere risolta e senza un perfetto concretizzarsi degli investimenti del PNRR e del processo di riforma è a rischio la ripresa.
La ricchezza liquida
Uno degli effetti finanziari più eclatanti – ma perfettamente logici – della pandemia è stato quello di accrescere considerevolmente l’ammontare della attività liquide delle famiglie (fig. 2), cioè l’insieme del circolante (banconote e monete) e delle attività finanziarie che possono svolgere il ruolo di mezzo di pagamento, ossia i depositi in conto corrente (bancari e postali), detti anche depositi a vista.
Nel corso del 2020 i risparmi a vista come sopra definiti sono passati da poco meno di 1.020 miliardi di euro del quarto trimestre 2019 agli oltre 1.120 miliardi di euro del quarto 2020, un incremento intorno ai 100 miliardi di euro.
Fig. 2 – Circolante e depositi a vista
miliardi di euro
Fonte: elaborazioni USC su dati Banca d’Italia.
Una corsa, tuttavia, che non si è interrotta nel 2021, pur con l’avvio e l’ottima progressione della campagna vaccinale che ha permesso di tenere sotto controllo l’evoluzione della pandemia. Infatti, nei primi sei mesi dell’anno in corso, le attività liquide detenute dalle famiglie si sono accresciute di ulteriori 40 miliardi di euro, portandosi a quota 1.160 miliardi di euro, lasciando ritenere una sorta di isteresi del risparmio “forzoso”, ora motivato da ragioni volontarie, legate probabilmente all’incertezza che ancora permane rispetto al termine della situazione di emergenza.
Solo la propensione al risparmio, che per tutto il 2020 e fino al primo trimestre 2021 ha seguito il trend crescente delle attività liquide detenute dalle famiglie, nel secondo trimestre dell’anno in corso denota una flessione riportandosi intorno al 13%, ma sempre ben al di sopra dei valori storicamente osservati fino al sopraggiungere della pandemia.
La prima parte del 2021 ha visto comunque una netta ripresa dei consumi delle famiglie, anche per un atteso recupero rispetto ai difficili mesi del lockdown e delle prime due ondate, con una dinamica superiore a quella del reddito disponibile. Ciò spiega in termini banalmente aritmetici la riduzione del livello della propensione al risparmio nel secondo trimestre dell’anno in corso rispetto ai picchi del 2020.
Va da sé che l’inflazione inattesa – la parte eccedente l’1,5-2% – comporterebbe nel breve periodo una riduzione del potere d’acquisto di tale massa di liquidità non protetta dall’aumento dei prezzi, con inevitabili riflessi sui consumi e, quindi, sulla ripresa in corso.
Si stima che un ultimo trimestre con prezzi al consumo mediamente in crescita tendenziale del 3,4% possa registrare una riduzione della spesa delle famiglie di circa il 3,8% rispetto a uno scenario con inflazione al 2%, con un terzo di tale riduzione attribuibile alla perdita di potere d’acquisto della ricchezza liquida.
Il quadro macroeconomico per il 2022
L’anno che sta per concludersi dovrebbe evidenziare una dinamica molto sostenuta del PIL reale rispetto alla caduta verticale del 2020 (+6,2%; tab. 2).
Tab. 2 – Il quadro macroeconomico
Fonte: elaborazioni USC su dati Banca d’Italia.
Sullo sfondo, tuttavia, permangono evidenti rischi di ripresa dell’inflazione. Per questa ragione, la nostra previsione di crescita per il 2022, si attesta al +4,0%, al di sotto di sette decimi di punto rispetto alle stime del quadro programmatico del Governo nella NADEF 2021. La minore crescita sarebbe interamente dovuta a un profilo meno dinamico della spesa delle famiglie.