Incredibile scoperta a Gela, in Sicilia: un emporio di 2500 anni fa, con centinaia di materiali, anfore, ciotole, esattamente nella posizione in cui gli abitanti li lasciarono quel giorno di 2500 anni fa in cui un terremoto/maremoto colpì la città.
Una nave a 800 metri che stava per arrivare a Gela ma si inabissò a causa delle cattive condizioni meteomarine, collegate ad un evento sismico (terremoto-maremoto) che è possibile cogliere nella parete stratigrafica di Nord dell’area in cui insiste l’emporio commerciale, in località Bosco Littorio. Quella nave conteneva tanti segreti, svelati dalle centinaia di reperti portati alla luce, ben 300. Tra il 1998 e il 2008 ben 20 campagne di scavo per portarli alla luce e dopo 13 anni di restauri in laboratori internazionali (Porthsmouth e Neuchatel), ora questi reperti saranno esposti quanto prima a Gela, nel costruendo Museo della Navigazione.
“La nave di 2500 anni fa che mai attraccò a Gela, affondò a 800 metri dalla costa e giace a -4/5 metri sul un fondale sabbioso; i reperti, già esposti nel Museo Archeologico di Gela , saranno trasferiti nel Museo della Navigazione. Essi confermano che questa città fu una delle più grandi colonie di tutto il Mediterraneo”. Lo ha affermato Rosalba Panvini, archeologa ed autrice della scoperta, già Soprintendente dei Beni Culturali di Catania, esponente di rilievo del Comitato Tecnico Scientifico Nazionale di Archeoclub d’Italia e attualmente anche Direttrice della campagna di scavo in svolgimento a Gela, in località Bosco Littorio. “Dal 1998 al 2008 abbiamo condotto ben 20 campagne di scavo per portare alla luce questa nave, recuperato oltre 300 esemplari di materiali di vario genere che costituiscono solo il carico residuo di ciò che questa imbarcazione trasportava a bordo. Materiali che sono strati trattati in questi anni in alcuni dei più importanti laboratori internazionali”.
“I materiali trovati ci hanno permesso di ricostruire un quadro molto dinamico di quella che era l’importanza economica di Gela. Durante le campagne di scavo trovammo – ha proseguito Panvini – sui fondali delle acque dinanzi alla costa orientale della Sicilia, un bellissimo tripode in bronzo che forse avrebbe dovuto sostenere a bordo un grande dinos ed i cui piedi erano saldati con colatine di piombo, 4 arulette, reperti che non trovano confronto nel Mediterraneo, una bellissima lekanis, con un diametro alla bocca di ben un metro e 10 e forse opera di Nikosthenes. Lo scavo è stato diretto da me e vi ha partecipato Alessandra Benini grande archeologa subacquea ed Edoardo Tortorici, docente di Topografia nell’Università degli Studi di Catania. Abbiamo portato alla luce quello che è stato considerato per moltissimo tempo il relitto più importante del Mediterraneo anche perché in ottimo stato. Durante gli scavi abbiamo trovato chiodi in bronzo, con anima in ferro, che servivano a trattenere i madieri allo scafo. All’interno sono stati trovati 17 madieri. In sostanza il mare stesso ha conservato il relitto lungo 21 metri largo 6 metri e 50 .Trovata anche la fune che veniva gettata in mare, risultata intessuta in fibre graminacee” .