MARCIANISE – Adesione al 90% allo sciopero effettuato ieri dai 418 lavoratori della Jabil di Marcianise; un’astensione proclamata per provare a far riaprire il tavolo presso Ministero del Lavoro e Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) e tornare a discutere di una soluzione ai licenziamenti che l’azienda potrebbe far partire da marzo 2025.
Ieri i lavoratori Jabil hanno tenuto anche un corteo per le strade di Caserta. Un corteo colorato e rumoroso al grido “Solo Jabil sostituisce Jabil”.
“I lavoratori – spiega una nota dei delegati sindacali aziendali (Rsu) – vogliono che il sito sia difeso e rilanciato nello scenario industriale del nostro Paese”. Rappresentanti delle segreterie provinciali di sindacati ed Rsu sono stati ricevuti dalla delegazione prefettizia che ha accolto le istanze relative ad una riapertura del tavolo ministeriale “con il massimo coinvolgimento possibile di politica, istituzioni ed amministrazioni locali, per non dimenticare una vertenza che non deve cadere nell’ombra rispetto ad altri gruppi industriali, mediaticamente più conosciuti”.
I lavoratori vorrebbero dunque la riapertura del confronto su una vertenza dall’orizzonte temporale sempre più ridotto, dopo che il precedente tavolo al Ministero del Lavoro si è chiuso nelle scorse settimane senza alcun esito, visto che la proposta alternativa ai licenziamenti presentata dall’azienda, ovvero di cedere lo stabilimento di Marcianise con i 418 addetti alla Tme Assembly Engineering Srl, nuova società costituita dalla Tme di Portico di Caserta, creata qualche anno fa da un ex lavoratore fuoriuscito da Jabil, e da Invitalia, società del Mef (Ministero Economia e Finanze), è stata bocciata dai lavoratori della multinazionale Usa, memori di quanto accaduto nel recente passato ai loro colleghi che da Jabil sono passati, anche convinti da incentivi in danaro, in altre aziende come Softlab e Orefice, che non hanno però garantito alcuna continuità produttiva (gli oltre 200 passati in Softlab da mesi protestano perché quasi sempre in cassa integrazione e senza prospettive future, i 23 finiti nell’azienda sarda Orefice sono stati licenziati).