L’EDITORIALE DI ANTONIO ARRICALE – Oggi, alle 17, al Circo Massimo di Roma, con l’apertura del presepe vivente e l’accensione dell’albero di Natale – spirito dei tempi: giusto per non scontentare nessuno, tradizionalisti e modernisti – si inaugura “Atreju, la via italiana”. Sottinteso, della destra al governo.
La kermesse, che si ripete – tranne l’interruzione dovuta al Covid – dal 1998 è diventata, nel tempo, quella che per il Pci è stato e per il Pd continua in qualche modo ad essere, la festa dell’Unità. Una formidabile occasione di riflessione e confronto sui temi più forti che assillano la politica italiana (e non solo).
Qualcuno ha scritto è il “laboratorio politico” della destra italiana. A me la parola laboratorio produce l’orticaria: termine abusatissimo che, a differenza dei laboratori artigiani da cui esce sempre qualcosa di concreto, da quelli politici in genere esce poco o nulla.
Ad ogni modo, l’occasione è un momento di confronto, cui in genere partecipano tutti volentieri. Anche quelli che, fino al giorno prima, erano l’un contro l’altro armati. La qual cosa di per sé non è disdicevole. In fondo, le feste di ballo si organizzano (meglio dire, organizzavano) non tanto o non solo per incontrarsi tra pari, ma anche per farci accettare. E la destra al governo ne ha assoluto bisogno, visto dall’altro lato, ovviamente.
La festa di quest’anno – che durerà l’intera settimana, e anche questo è il segno dei tempi – prevede oltre 500 interventi e la partecipazione di circa 378 ospiti. Ovviamente, ripeto, di tutte le sensibilità culturali e politiche.
E si parlerà davvero di tutto: anzi, di tutto lo scibile umano. Dalla tutela della cultura e delle tradizioni alla destra italiana in Europa, passando per l’autonomia e il premierato, le reti efficienti sicure e resilienti, e via discorrendo. Insomma, di tutto ciò che tocca l’attualità.
Si parlerà anche di Sud, inteso come nuova locomotiva d’Italia, all’indomani dei licenziamenti di Stellantis e, dunque, delle nubi che si addensano su Pomigliano, Melfi eccetera. E quanto sia importante per il Sud il comparto dell’automotive ce lo ha ricordato qualche settimana fa la Svimez.
Ma non è questo il punto di questa riflessione. Ciò che balza evidente, infatti, all’attenzione degli osservatori meridionalisti è che di Sud non si parla abbastanza in questa kermesse.
Insomma, sorge il sospetto che, una volta approdato, Raffaele Fitto, a Bruxelles e affidate le sue deleghe all’ex capogruppo Tommaso Foti, il Mezzogiorno d’Italia con tutto il suo carico di problemi irrisolti, sia abbandonato alla deriva, senza che qualcuno in particolare ne controlli l’applicazione e stimoli le necessarie politiche di cui continua ad aver tragicamente bisogno.
Ed, appunto, abbandonandomi a questa riflessione che – sfogliando il nutrito programma della kermesse – per un attimo mi sono illuso di trovare – tra gli interventi – i nomi, che so, di Marco Cerreto, Gimmi Cangiano, della ex sovrintendente Giovanna Petrenga.
Niente. Vuoi vedere, che i Nostri saranno ancora al bar, con una Peroni in mano? Ragazzi, sveglia, è al Circo Massimo che dovete andare e, possibilmente, far sentire con la vostra anche la voce del Sud.