L’EDITORIALE DI ANTONIO ARRICALE – La vicenda della Provincia di Caserta – per come è nata, ma ancor più per come è finita – si è consumata nel silenzio assordante della politica.
Tranne, infatti, quella del coordinatore regionale della Lega, il parlamentare Gianpiero Zinzi, nessun’altra voce si è levata nella circostanza: né per stigmatizzare la vicenda, né per solidizzare con il presidente dimissionario. Nulla. Il vuoto assoluto.Eppure, delle due l’una: o si ritiene l’esperienza politica della giunta Magliocca positiva, nel qual caso – indipendentemente dalla vicenda giudiziaria che coinvolge l’ex presidente – e al di là della solidarietà di circostanza, che è sempre un po’ pelosa, andava spesa almeno una parola di apprezzamento alla sua amministrazione. Oppure, e noi siamo traquesti, si giudica l’esperienza di sette anni di presidenza Magliocca fallimentare da ogni punto di vista e, dunque, da tranciare con un colpo netto, prendendo debita distanza da essa.
Ecco, il punto paradossale di questa vicenda politica è proprio questo: chi avrebbe dovuto dire, che cosa? In un sistema politico normale, rappresentato da maggioranza e opposizione, da chi amministra e chi vigila, sarebbe stato facile agire. Ma Magliocca non si mosso nell’ambito di un sistema politico, semmai in un sistema di potere. E la differenza non è da poco.
Formatosi con Alleanza Nazionale, nel tempo l’ex presidente è diventato l’uomo di punta di Forza Italia, a livello provinciale. Non suona strano, perciò, che né il partito che fu di Berlusconi, né il partito che è della Meloni hanno avuto il coraggio non dico di schierarsi, ma di balbettare una parola. E non per motivi di appartenenza, come vedremo.
Di contro, con le bocche ben cucite sono rimasti anche gli esponenti del Partito Democratico pure rappresentati, a livello provinciale, da gente che mastica di politica da una vita e a livelli altissimi. Penso all’attuale commissario della federazione, la senatrice Susanna Camusso. Anche in questo caso, nisba. Non una sola parola, né a favore e né contro. Non senza coerenza, noto, dal momento che la Camusso è rimasta muta anche di fronte ai fatti giudiziari del capoluogo.
C’è da chiedersi, allora: o la grammatica della politica ha cambiato le regole, senza che ce ne accorgessimo; oppure c’è dell’altro, tanto grave, da provocare riluttanza, imbarazzo, se non addirittura vergogna, per ciò che è accaduto e, dunque, per prendere nettamente posizione.
La verità, infatti, è una sola: sono tutti complici politici di questa triste e volgare vicenda, destra, sinistra, centro. Tutti.
Magliocca, eterodiretto, pure di indossare e conservare la fascia azzurra, ha retto sette anni la Provincia di Caserta grazie ad una maggioranza consociativa in cui – nella più becera tradizione trasformistica – tutti hanno sguazzato. Infatti, il binomio Magliocca-Zannini, il primo di centro-destra, il secondo di centro-sinistra, nelle vesti – per così dire – di azionista di maggioranza, non ha mai provocato mal di pancia in nessuno ambiente politico. Era guardato, anzi, con ammirazione e gratitudine per quanto i due erano capaci di fare: in termini amministrativi, s’intende.
Partiti e classe dirigente che non sono stati assaliti dal benché minimo dubbio neanche di fronte al montare di voci – vere, false, saranno i magistrati a doverlo appurare – che puntualmente raccontavano fatti e misfatti registrati in tutti i settori di competenza amministrativa dell’ente Provincia. Voci, invece, che cominciavano ad arrivare in Procura con tutti i mezzi: dalla delazione alle intercettazioni, agli articoli dei giornali. (Lo stesso Magliocca ha riferito, in conferenza stampa: “Sentivo parlare di questa inchiesta da almeno un anno e mezzo”).
Voci che parlavano di assunzioni pilotate, quando non addirittura acquistate da poveri cristi, appalti indirizzati a ditte compiacenti con la complicità di dirigenti e dipendenti infedeli, enti strumentali gestiti alla carlona, cene luculliane, supercar per figli viziati, trastulli con donnine compiacenti e chi più ne ha ne metta.
Voci, d’accordo, soltanto voci: che avrebbero in ogni caso dovuto far accendere la luce spia sul cruscotto della gestione e, magari, imporre una revisione: perché, in fondo, se non è lupo è cane quello che insidia il gregge. Dubbi, però, che non hanno mai sfiorato la classe dirigente di questa provincia, soddisfatta anzi di partecipare a pieno titolo alla greppia, magari anche soltanto per raccogliere qualche briciola.
Ed è la stessa classe dirigente che ora, invece di invocare un azzeramento totale, di fare tabula rasa di un’eperienza politica e gestionale disastrosa, che ha immeserito – se possibile – ancor di più il territorio, sta già manovrando dietro le quinte per decidere chi dovrà essere il nuovo presidente. E che si lamenta o mal sopporta, non a caso, del ruolo, anzi, dell’ingerenza della magistratura. Da non credere.
Nelle foto, da sinistra: Giorgio Magliocca, Giovanni Zannini, Marco Cerreto, Fulvio Martusciello, Giuseppe Guida, Susanna Camusso e Vincenzo De Luca