LA STORIA DI ANTONIO ARRICALE – Le ritiro, non le ritiro. Il presidente della Provincia e sindaco di Pignataro Maggiore, Giorgio Magliocca, passa ore sulla poltrona di casa a sfogliare la margherita.
Così, almeno dicono, i suoi più stretti collaboratori, che si alternano a fargli visita durante tutto il giorno. È molto provato, sospirano. Questa, almeno, è la versione ufficiale. Che però ha tutto il sapore di una sceneggiata.
Magliocca, infatti, a tutto pensa tranne che a dimettersi.
E la prova non sta a Caserta, ma a Bruxelles dove lui, designato dall’Upi (Unione delle Province Italiane) è membro del Comitato delle Regioni (Cor). Ebbene, ad oggi a Bruxelles non è arrivata nessuna comunicazione, da parte sua, di dimissioni dall’ente Provincia. Perché se così fosse, se cioè le sue dimissioni fossero davvero irrevocabili – come del resto ha lasciato intendere, nero su bianco, per non rinnovare situazioni dolorose già vissute dalla famiglia – “ipso facto” il suo mandato al Cor si riterrebbe concluso.
E a Bruxelles, a differenza di ciò che avviene in Italia, le norme si scrivono con estrema chiarezza, senza necessità di essere interpretate: “Il mandato di un membro o di un supplente si conclude per dimissioni, per scadenza del mandato in virtù del quale è stato nominato oppure per decesso”, recita l’articolo 4 al comma 2 del Regolamento interno e di procedura del Cor.
Né questa è l’unica prova. Ce n’è anche un’altra, un po’ più marchiana, ma comunque utile ad offrire l’immagine di un politico non attaccato alla poltrona, ma disposto tuttavia a sacrificarsi per il bene comune. Giorgio, infatti, all’amico fidato Alfonso ha consegnato un documento politico redatto da sé medesimo, da far girare e sottoscrivere tra amici, colleghi politici e conoscenti, in cui si chiede, però, formalmente al presidente e al sindaco di recedere dall’intenzione, assai nefasta per la comunità, dalle dimissioni del doppio incarico.
Questa soluzione è supportata, peraltro, anche da un’analoga iniziativa sulla pagina personale di facebook, in cui raccontando i motivi delle sue dimissioni e sminuendo la vicenda giudiziaria a poco più di un ingenuo episodio di cedimento genitoriale, registra like e giudizi di umana e politica solidarietà. Pollici in alto, che spuntano come funghi, sulla spinta di animatori digitali, all’uopo assoldati. Certo, s’era pensato – tra le iniziative da mettere in campo per giustificare il recesso dalle dimissioni – anche di ripetere la storia della malattia. Ma il gioco sarebbe stato troppo scoperto. E, tuttavia, mai dire mai. Alla bisogna, come nelle migliori storie, c’è sempre un piano B: un ricovero ospedaliero, se proprio le cose dovessero davvero precipitare.
Ad ogni buon conto, tutte le iniziative – è facile dedurre – hanno l’unico scopo di dire: fosse stato per me avrei fatto volentieri marcia indietro, ma non posso deludere amici, conoscenti e simpatizzanti. Insomma, il ritiro delle dimissioni a questo punto diventano un obbligo morale.
La verità, invece, secondo noi, è un’altra, più semplice. Vi è che, una volta assaggiato il mieloso esercizio del potere, pochi pensano di seguire le orme di Cincinnato. Tanto più se, a sostenere il tenore di vita proprio e dei familiari, ci sono circa diecimila euro di stipendio mensile. Oltre ai rimborsi spesa elargiti dal Cor, che sono su base europea non certo nazionale, per una trentina di impegno di lavoro giornaliero, in un anno, cui si somma il prestigio dell’appartenenza all’istituzione europea e dei rapporti intanto intessuti.
E c’è, infine, anche un’altra prova che tutto tornerà come prima, perché i magistrati – secondo i nostri – hanno preso un abbaglio. Peggio, che in mano hanno poca roba. Infatti, anche in Provincia – inteso come ente dell’area ex Saint Gobain – tutto sempre procedere come al solito. Come se in questi ultimi giorni nulla fosse accaduto. Anche sul piano del comportamento dei dipendenti. Ricordate, infatti, la furibonda lite scoppiata fra alcuni impiegati? Ebbene, nulla finora è stato fatto, nessun provvedimento disciplinare è stato preso, nemmeno un semplice atto di richiamo. Anzi, il dirigente Gerardo Palmieri e l’omologo Giovanni Solino, per sedare gli animi, pensano – secondo voci interne molto attendibili – di chiudere l’episodio con altri contentini economici. Riconoscimenti, dunque, che arriveranno sia all’aggressore, Antonio Bevilacqua, protetto da Palmieri e, dunque, da Giorgio Magliocca; che alla vittima, l’architetto Teresa Ricciardiello, protetto dal secondo, Giovanni Solino e, dunque, da Giovanni Zannini.
Alla prossima storia.