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Il dramma Jabil e l’inadeguatezza della classe politica casertana

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L’Editoriale di Antonio Arricale – Dubito che un parlamentare comprenda fino in fondo il dramma di un capofamiglia che ha perso il posto di lavoro o che lo sta per perdere definitivamente dopo anni di precarietà da cassintegrato.

Dubito, che tornando a casa, dopo aver partecipato all’ennesima manifestazione di protesta indetta dal sindacato, nel corso della quale, con grande ipocrisia, ha espresso formalmente solidarietà ai lavoratori in lotta, il parlamentare abbia passato la notte insonne, pensando magari ai bambini di quegli operai. Bambini di cui il genitore si sente addirittura colpevole di non saper garantire condizioni minime di dignità economica e sociale. Da noi si dice: il sazio non crede al digiuno. C’è sempre del crudo realismo nei detti popolari, inutile fingere. E i nostri parlamentari sono sazi, eccome.
Certo, ad un politico non è necessariamente richiesta una dose di empatia, che pure non guasterebbe. E, però, il dovere di agire, connesso al ruolo istituzionale che ricopre, certamente sì.
Penso agli operai della Jabil di Marcianise, aziende multinazionale potenzialmente sana, la cui proprietà ha deciso, però, di dichiarare in crisi. E sono anni, ormai. L’altra sera i sindacati hanno inscenato l’ennesima protesta, una fiaccolata, per richiamare ancora una volta l’attenzione delle istituzioni, per cercare di salvare il posto di lavoro, per portare a casa, con lo stipendio (che non è neanche favoloso come quello dei deputati) soprattutto la dignità: di genitori, di uomini, di cittadini.
Alla manifestazione ha partecipato anche il deputato Stefano Graziano del Pd, uno di quelli che – per dirla senza troppi giri di parole – da almeno tre lustri, compone la trimurti (con lui il consigliere regionale Giovanni Zannini e il presidente della Provincia Giorgio Magliocca) che decide vita, povertà e morte dei cittadini della provincia di Caserta.
Tralascio, per carità di patria, le dichiarazioni di Graziano che, ovviamente, sapevano solo di circostanza, se non addirittura di falsità e demagogia: dalla solidarietà (parola ipocrita e pelosa che, per le motivazioni di cui ho detto, aborro) espressa agli operai, alla chiamata in causa del Governo Meloni (del quale francamente pure poco mi infischia).
Intanto, perché i guai della Jabil non risalgono a due anni fa, da quando è appunto al governo il centro destra. Ma molto, molto prima. Ed era, semmai, a tempo debito che bisognava intervenire, quando al governo – ricordo – c’erano tutti i partiti di sinistra, non adesso che, come ha detto il sindaco di Marcianise: “Siamo ad un passo della fase conclusiva, ad una morte annunciata della Jabil”.
Ma qui rischio di ficcarmi in una polemica sterile, che potrebbe distrarre i lettori dai problemi seri che questa disgraziata provincia vive da troppo tempo. Risuona ancora nelle mie orecchie, infatti, la denuncia-bomba di poco più di un anno fa del segretario generale della Fiom Campania, Nicola Ricci: “In provincia di Caserta, negli ultimi vent’anni, su 100 mila addetti sono andati persi circa l’85% di questi posti di lavoro”.
Una voce nel deserto. Nessuno vi prestò ascolto. Nemmeno il deputato Stefano Graziano, mi pare. E sarebbe facile aggiungere che, intanto, al Governo c’erano i suoi compagni. E alla Regione, che pure tanto avrebbe potuto e dovuto fare, c’era il compagno Vincenzo De Luca. E prima ancora di De Luca c’era sempre De Luca, del quale – mi pare – l’impegno più concreto per la provincia di Caserta fu quello di fare eleggere, in questo collegio, il figlio Piero alla Camera. Ed è sempre lo stesso presidente De Luca, che una settimana fa, in visita al Tarì di Marcianise ha detto: “Questa provincia ha un forte potenziale economico, ma una classe politica inadeguata”.

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