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Corruzione e concussione: in 35 pagine le “verità” di Zannini

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SANTA MARIA CAPUA VETERE – Atti ancora non depositati. Sarebbe questa la ragione “ufficiale” per cui Giovanni Zannini, avvalendosi della facoltà di non rispondere, ha deciso di tacere e di presentare una memoria difensiva di 35 pagine ai pm Gerardina Cozzolino e Giacomo Urbano della Procura di Santa Maria Capua Vetere.

Eppure ieri tutti si aspettavano un confronto diretto con i suoi accusatori. Soprattutto perché, a poche ore dalle perquisizioni della scorsa settimana, nella sua abitazione di Mondragone e negli uffici da lui occupati in consiglio regionale, lui stesso, attraverso un comunicato stampa, aveva dichiarato di confidare nell’operato della magistratura “a cui ho fornito la massima collaborazione e nei prossimi giorni – si sottolineava nel comunicato – chiederò di essere ascoltato dagli inquirenti per fornire loro tutte le spiegazioni e dimostrare la mia totale estraneità ai fatti che mi vengono contestati”.

Assistito dall’avvocato Angelo Raucci, che ha proposto ricorso al tribunale del Riesame per il dissequestro di dispositivi elettronici e documenti, il presidente della Commissione Ambiente, Energia e Protezione Civile in consiglio regionale in quelle 35 pagine di memorie avrebbe, dunque, scritto le sue verità sugli episodi contestatigli dalla Procura sammaritana.

Tre, per la precisione: il primo, relativo alle pressioni sull’ex direttore sanitario dell’Asl di Caserta, Enzo Iodice, che avrebbe costituito per Zannini un ostacolo al suo “spadroneggiare” in quegli uffici (Iodice fu poi costretto a dimettersi dall’incarico). Di qui l’ipotesi della concussione.

Gli altri due episodi finiti al vaglio dei pm riguardano, invece, i “regali” che Zannini e la sua famiglia avrebbero avuto dagli imprenditori Paolo e Luigi Griffo e dal suo amico Alfredo Campoli perché, nel primo caso, il politico mondragonese fece in modo che i Griffo riuscissero ad ottenere un finanziamento di circa 10 milioni di euro da Invitalia per la realizzazione di un impianto e, nel secondo, perché, attraverso alcune sue “pedine” nel consiglio comunale di Teano, riuscì a far affidare lavori e appalti alle società dell’amico Campoli. Favori e regali che configurano il reato di corruzione.

La paura di essere intercettato e quei telefonini sempre “nell’altra stanza”

Intanto prosegue il lavoro dei carabinieri di Aversa che hanno operato su mandato della Procura di S. Maria C.V. L’attività investigativa, dopo le perquisizioni, si concentra proprio su quanto sequestrato a Zannini ed agli altri se indagati (Luigi e Paolo Griffo, Alfredo Campoli, Antonio Postiglione, Ciro Ferlotti Giuseppe Ruggiero).

Certo sarà difficile trovare “verità nascoste” nel suo cellulare. Il consigliere regionale è sempre stato bene attento, come ci dicono persone a lui vicine, a tenere distante il suo smartphone e quello dei suoi interlocutori, allorquando si trattava di discutere di argomenti, diciamo così, scottanti. Tra l’altro, nel decreto di perquisizione della Procura sammaritana, allorquando si scrive delle pressioni sull’allora direttore sanitario dell’Asl Enzo Iodice, sono gli stessi pm a sottolineare che Zannini requisiva il telefono di Iodice nel timore di essere intercettato.

Ecco, questo è per il politico mondragonese, apprezzato avvocato penalista, un modus operandi, una prassi stra utilizzata. Il suo telefonino e quello dei presenti vengono lasciati in un’altra stanza, distanti, in ogni caso, da luogo della conversazione.

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