L’Editoriale di Antonio Arricale – Le infiltrazioni della malavita nella pubblica amministrazione non sono un fenomeno soltanto campano, né soltanto del Sud. Al di là del Garigliano, per esempio, si contano 4 comuni sciolti per infiltrazioni malavitose nel Lazio, 3 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Lombardia, 1 in Emilia Romagna, 1 addirittura in Val d’Aosta.
(E si badi bene, qui si parla soltanto dei casi di infiltrazioni mafiose o camorristiche che hanno portato allo scioglimento delle citate amministrazioni locali, perché, più in generale, in quanto al malaffare che si insinua negli enti locali – il caso della Liguria insegna, purtroppo – il fenomeno è molto più diffuso e, comunque, è avvertito dalla gente per bene in maniera quasi pervasiva).
Ad ogni modo, a prima vista sembrerebbe che, al di sotto del Garigliano, il fenomeno abbia assunto un aspetto quasi patologico. Infatti, dal 31 maggio del 1991 (data in cui fu istituito appunto lo scioglimento dei Consigli Comunali e provinciali per infiltrazione mafiosa a seguito della Strage del venerdì nero di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria) a tutto il maggio del 2024, sono stati sciolti 384 Consigli comunali per infiltrazioni mafiose (di cui 25 annullati a seguito di ricorso) cui si aggiungono anche sette aziende ospedaliere.
E di questi enti, il podio del malaffare se lo contendono – nemmeno a ricordarlo – la Calabria (con 132 scioglimenti) e la Campania (118). Insomma, più del 65 per cento del totale è concentrato in queste due regioni. Mentre, con particolare riferimento alla provincia di Caserta (ma tutte le province della Campania sono state toccate dal fenomeno) i comuni interessati dal provvedimento di polizia del ministero degli Interni sono stati ben 33, vale a dire un terzo del totale regionale.
La statistica affiora alla mente, non soltanto alla luce degli ultimi fatti che hanno interessato il comune di Teverola (ricordiamo, il comune dell’agro aversano fu già sciolto nel 1993) ma dello stesso capoluogo casertano dove, negli ultimi anni, sono stati raggiunti da provvedimenti restrittivi della libertà personale almeno cinque, fra dirigenti e assessori. Ed almeno altrettanti sono stati gli imprenditori o sedicenti tali che, frequentando Palazzo Castropignano, sono finiti in inchieste di malamministrazione. Peraltro, è appena il caso di ricordare che a spulciare tra le carte del palazzo della città di Caserta è attualmente al lavoro proprio la Commissione di accesso che dovrà, infine, relazionare su trasparenza e legittimità degli atti amministrativi.
Il tutto per dire, insomma, che gli enti locali (e la sanità) sono, in tutta evidenza, soprattutto al sud, oggettivamente permeabili a “bad practices” che rendono, perciò, assai vulnerabili la pubblica amministrazione. E che, forse, sarebbe il caso di aprire un dibattito, meglio, un confronto serrato tra le forze politiche, per trovare le soluzioni utili a tenere fuori dai Comuni delinquenti e collusi.
Anche, perché, col diffuso malaffare e la cattiva amministrazione le città del sud stanno diventando proprio brutte da vivere. Sotto tutti i punti di vista, come fra poco ancora una volta ci ricorderà il Sole24Ore con la sua consueta indagine. Ma che ancor di più ci ricordano i cittadini che si allontanano sempre di più dalla politica e dalle urne.